È di pochi giorni fa la pubblicazione “Good for Youth, Good for Business” curata dall’Alleanza europea per l’apprendistato, che rientra tra le azioni che l’Alleanza, fin dalla sua costituzione a Lipsia il 2 luglio del 2013, ha messo in atto per promuovere la qualità e l’immagine positiva dell’istituto dell’apprendistato ritenuto un importante veicolo per la crescita e l’occupazione in Europa.



In questo quadro il documento sottolinea, evidenziando anche un’abbondanza di riscontri positivi in tal senso, che, in tempi di elevata disoccupazione giovanile, come il periodo che stiamo vivendo, l’apprendistato può fornire ai giovani le competenze realmente richieste dai datori di lavoro.

Nella stessa prospettiva la Commissione europea ha mobilitato, costantemente in questi anni, tutti i soggetti potenzialmente interessati al tema, e lavora con i governi e le parti sociali a livello europeo per promuovere il sistema dell’apprendistato e le riforme che vanno nella direzione di valorizzare questa specifica forma contrattuale a forte valenza formativa.



Vi è, infatti, la profonda convinzione che le aziende possano beneficiare enormemente dalla scommessa dell’apprendistato, in particolare per avere un migliore accesso in impresa dei talenti e delle competenze e idee innovative necessarie per essere protagonisti in un mercato sempre più globale e competitivo.

Le aziende del settore privato svolgono, infatti, un ruolo chiave in programmi di apprendistato. Questi raggiungono, tuttavia, i risultati attesi e auspicati solamente se le imprese, comprese quelle piccole e medie, sono disposte a prendersi la responsabilità di divenire seri e responsabili soggetti formativi.



L’Italia ha certamente, in questi anni, operato, almeno dall’approvazione della Legge Biagi, per valorizzare quest’istituto. Nel 2011, in particolare, l’allora Ministro Sacconi fece approvare un ambizioso testo unico che ora, con la definizione del Jobs Act, è oggetto di aggiornamento.

Il decreto, nello specifico, prova a porre, con coraggio, le basi di un “sistema duale” che guardi al modello, considerato una “best practice” a livello internazionale, tedesco. Nel caso dei cosiddetti “apprendistati di primo e terzo livello”, che finora non hanno trovato un adeguato apprezzamento dal sistema delle imprese, sarà così, per i giovani, più facile conseguire lavorando, avendo ridotto significativamente i costi e gli oneri formativi formali per i datori i lavoro, i titoli di studio dell’istruzione secondaria e terziaria. 

Per realizzare, infatti, una buona riforma del lavoro e della scuola è necessario, anche, come ci ricordano spesso le diverse istituzioni europee, che il nostro Paese mostri la capacità di definire una seria implementazione di uno strumento come quello dell’apprendistato. 

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