Nella settimana della prima Segreteria Unitaria dopo quasi 4 anni – in cui la Cgil per voce del suo Segretario Generale Susanna Camusso dice di non voler rinnovare l’accordo generale – la situazione dei contratti oscilla tra intendimenti e paralisi per i rinnovi di settore.
Innanzitutto, Camusso non vuole rinnovare perché qualsiasi tipo di accordo le comporterà noie in casa sua: Landini, infatti, ha sempre contestato duramente le ultime intese generali, in particolare quella sull’esigibilità dei contratti aziendali del 2011 e il Testo Unico sulla Rappresentanza del 2014. E, a questo punto, meglio lasciare che le federazioni si intendano come meglio credano, nel rispetto delle loro esperienze e storie; per la gioia dei chimici e degli edili in particolare che, per il clima partecipativo che contraddistingue quei settori, hanno recentemente condiviso ipotesi per i rinnovi, anche a superamento delle dinamiche inflattive che, come più volte scritto, hanno comportato una situazione paradossale (lavoratori che devono restituire soldi alle imprese).
Tra i meccanici invece, settore da sempre contraddistinto per la sua conflittualità, la situazione è agli antipodi. Proprio in questi giorni, Federmeccanica ha scritto a Fim, Fiom e Uilm in vista del rinnovo contrattuale dicendo che “il contratto nazionale non può e non deve determinare incrementi di costo”. Dopo la crisi “niente sarà più come prima” e serve “una revisione complessiva dei vecchi modelli contrattuali”.
A Federmeccanica ha replicato dapprima il Segretario Generale della Uil Carmelo Barbagallo e poi il Segretario Generale della Fim Marco Bentivogli. In particolare, quest’ultimo non manca di ricordare come i contratti nazionali e aziendali hanno tenuto insieme il Paese durante la crisi e che la “piattaforma Fim e Uilm è un documento di sfida programmatica per il lavoro che cambia, accanto al salario su partecipazione, formazione, inquadramento e welfare”.
Naturalmente, dopo aver chiuso l’accordo con FCA, Fim e Uilm non hanno faticato a condividere una piattaforma a cui, naturalmente, Fiom non ha aderito. Ma, proprio qui sorge un dubbio: perché se ci sono novità retributive – e non solo – nel contratto FCA non possono esserci in quello di Federmeccanica?
È evidente come all’interno di questo settore continuino a prevalere logiche di conflitto alle logiche del lavoro. Solo nell’indotto FCA, si contano 2.500 imprese e 500.000 lavoratori. E se qualche azienda trovasse interessante il contratto FCA?
In collaborazione con www.think-in.it