La Corte d’Appello di Caltanissetta, con una recente Sentenza del 2 luglio 2015, in materia di fusione di associazioni tra industriali ha affermato che quando l’associazione svolge servizi di consulenza e assistenza aziendale in favore delle singole imprese associate può considerarsi un’azienda, «ossia un complesso stabilmente organizzato di persone ed elementi che consentono l’esercizio di un’attività volta a perseguire un determinato obiettivo» con conseguente applicazione della normativa contenuta nell’articolo 2112 del codice civile. 



La pronuncia della Corte d’Appello di Caltanissetta prende le mosse dalle vicende relative alla costituzione, nell’agosto del 2012, dell’Associazione degli industriali della Sicilia centrale e meridionale (Confindustria Centro Sicilia), in cui erano confluite tre associazioni provinciali. Successivamente alla fusione, una delle associazioni in liquidazione aveva licenziato un proprio dipendente adducendo un giustificato motivo oggettivo per cessazione dell’attività. Il lavoratore aveva impugnato giudizialmente il licenziamento, chiedendo la reintegra nei confronti della neocostituita Confindustria Centro Sicilia sostenendo l’applicabilità dell’articolo 2112 del Codice civile sul presupposto che tra le associazioni doveva considerarsi intervenuto un trasferimento d’azienda.



Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda del lavoratore, ritenendo che Confindustria provinciale non si potesse qualificare come azienda e quindi escludendo l’applicazione dell’art. 2112 codice civile. Quindi, il lavoratore ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta chiedendo la riforma della sentenza di primo grado sostenendo che la tutela prevista dall’articolo 2112 si applica anche alle associazioni senza scopo di lucro che producono servizi di natura economica.

La Corte d’Appello di Caltanissetta ha accolto le doglianze del lavoratore argomentando sulla nozione di azienda e richiamando i principi sanciti in materia nella direttiva CEE 187/1977, secondo i quali ai fini dell’identificazione di un’azienda ciò che conta «è l’esistenza di un complesso di mezzi produttivi (materiali o immateriali) remunerati, stabilmente organizzati per raggiungere un determinato obiettivo», mentre è irrilevante la finalità soggettiva perseguita. 



La Corte continua la disamina richiamando la direttiva CE 50/1988, la quale ha specificato che la disciplina del 1977 «si applica alle imprese pubbliche o private che esercitano un’attività economica, che perseguano o meno uno scopo di lucro». La Corte ricorda che proprio recependo tali direttive comunitarie il legislatore italiano ha modificato l’articolo 2112 del Codice civile, stabilendo che è trasferimento d’azienda «qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità».

Proprio sulla scorta di tali argomentazioni la Corte d’Appello di Caltanissetta ha dichiarato la nullità del licenziamento comminato al lavoratore. Tale pronuncia si inserisce per la prima volta nel mondo confindustriale e sarà quindi opportuno verificare gli effetti di tale orientamento, soprattutto se fosse confermato da altre pronunce, quando si affrontano tematiche relative a processi di aggregazione tra associazioni nell’ambito confindustriale.