Le Regioni e alcuni Ministeri stanno programmando e attivando le prime iniziative a valere sui Fondi strutturali, frutto della negoziazione con la Commissione europea, previsti per il sessennio 2014-2020. In questo stesso periodo, il Governo Renzi sta affinando le riforme annunciate, in particolare quelle del mercato del lavoro, della Pubblica amministrazione, del Terzo settore e della scuola. Questa concomitanza è una grande occasione e non deve essere sprecata, in quanto i fondi comunitari non finanziano, o non dovrebbero finanziare, attività e servizi “ordinari”, ma le sperimentazioni e le innovazioni. La grande occasione è quella di accompagnare le novità che vengono e verranno introdotte dalle riforme proposte, utilizzando le risorse della programmazione comunitaria.
Faccio degli esempi. Il Piano di rafforzamento amministrativo presentato dalle Regioni e dal Ministero non è il manuale delle buone maniere o del sarebbe bello, è la possibilità per portare delle innovazioni nella Pa. Deve tenere conto della riforma della Pa, dei piani previsti per l’anticorruzione, per la mobilità dei dipendenti pubblici, dell’agenda digitale, e nel caso, delle stabilizzazioni previste per alcuni enti pubblici. Il Piano di rafforzamento amministrativo è una grande scommessa per riqualificare il settore della Pubblica amministrazione, per dotarlo di strumenti e competenze necessarie.
La riforma del mercato del lavoro, il Jobs Act e i suoi decreti attuativi e la nuova Agenzia nazionale per il lavoro, che dovranno trovare un equilibrio con la nebulosa dei Centri per l’impiego dopo la “chiusura” delle Provincie, può, anzi deve trovare nella programmazione esecutiva dell’Obiettivo tematico 8 “Promuovere un’occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori”, l’occasione per favorire e sperimentare i servizi di politica attiva per il lavoro, l’assegno di ricollocazione o dote. È l’occasione per chiudere la fase dei progettifici e offrire dei servizi di reale accompagnamento al lavoro, per chi non ha mai lavorato, per chi è stato espulso dal mercato del lavoro, e per chi rischia il posto.
Il Terzo settore ha l’opportunità di diventare uno degli attori del mercato del lavoro, che si tratti di reddito minimo di inserimento o altre modalità per promuovere l’inclusione sociale. Le esperienze promosse dagli operatori del sociale, che si adoperano per contrastare il rischio sempre maggiore di povertà, presenti nel territorio, devono poter essere riconosciute per il valore che hanno. Non devono essere obbligate ad abbandonare la loro tradizione e modalità per cedere alla burocrazia dei gestori dei fondi. È indispensabile attivare subito le procedure per la standardizzazione delle prestazioni e dei relativi costi, per ridurre al minimo la gestione amministrativa.
Non sarà sprecata l’occasione di riforme e utilizzo dei fondi se ognuno farà la sua parte. La responsabilità della programmazione e gestione dei Fondi strutturali non può essere delegata alle strutture regionali o agli operatori e poi lamentarsi se qualcosa non va. La responsabilità della programmazione comunitaria è in capo a un organo di rappresentanza della società civile, ed è il Comitato di sorveglianza. I componenti del Comitato sono nominati dalle associazioni dei lavoratori e delle imprese, dei comuni, del volontariato, delle provincie, delle camere di commercio, dei ministeri competenti, dalla stessa Commissione europea, quindi dai corpi intermedi, dalle istituzioni e dagli enti locali.
Troppo spesso le riunioni dei Comitati di sorveglianza sono momenti formali senza sostanza, non si entra in merito, non si discute, non si valuta. Spesso sono delle passerelle, con degli ottimi buffet, quindi rischiano di essere inutili. I Comitati di sorveglianza hanno il compito di sorvegliare, appunto, che i fondi siano spesi bene, che portino dei benefici e che si rispettino le scadenze. Perché questo avvenga, i rappresentanti nominati a far parte dell’organo di sorveglianza devono poter avere dei dati da valutare.
Troppe regioni non sono in grado di valutare le politiche e gli strumenti attivati, quindi non conoscono il territorio in cui operano, con il grande rischio di sprecare risorse, di non spenderle e di non offrire ai cittadini servizi adeguati ai bisogni. La mancanza di strumenti non può più essere un alibi: ci sono buone pratiche, modelli e strumenti che varie regioni hanno sviluppato e che le Pa possono tranquillamente utilizzare grazie al riuso. La rappresentanza e le responsabilità prevedono la partecipazione attiva, quindi anche proposte operative.
Le grandi riforme del Governo Renzi hanno già la possibilità di essere sperimentate, hanno la possibilità di rafforzare le regioni più deboli a cui vengono assegnati più soldi, e per questo lasciate più sole. Le azioni di sistema con fondi a gestione ministeriale devono creare le condizioni affinché i dispositivi gestiti dalle regioni abbiano un ambito, un contesto di riferimento, non ci siano sovrapposizioni o inutili ridondanze e siano chiari gli obiettivi da raggiungere.
L’avvio dell’attivazione dei fondi strutturali in concomitanza con le riforme è la grande occasione per una discontinuità con il passato, è l’opportunità per affrontare le problematiche del mezzogiorno in modo strutturale e non clientelare, ed è forse la #voltabuona che si ragiona come Paese, e non come sommatoria di iniziative scollegate.