«La proposta Damiano è solo un’operazione propagandistica. Introdurre la flessibilità senza modificare la legge Fornero è molto oneroso sia per lo Stato, sia per i singoli lavoratori che vanno prima in pensione. L’unica soluzione è approvare una nuova riforma che abbassi l’età pensionabile e distingua tra i diversi lavori”. Giorgio Airaudo, deputato di Sel, membro della commissione Lavoro ed ex sindacalista Fiom, commenta così il dibattito sulla flessibilità che da mesi sta coinvolgendo i due rami del Parlamento e lo stesso ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.
Onorevole Airaudo, perché è contrario a correzioni mirate alla legge Fornero?
Le correzioni creerebbero solo disuguaglianze, in quanto salverebbero alcuni e penalizzerebbero altri. Anche perché non tutte le persone possono permettersi di pagare per la flessibilità. Deve essere chiaro che sarebbe una flessibilità a spese dei lavoratori che vogliono andare in pensione prima.
Con quali conseguenze?
Da un lato c’è chi se la potrebbe permettere, perché magari ha un altro reddito in famiglia, ha dei figli che lavorano o una casa di proprietà. Ma dall’altra c’è chi ha dei guai sanitari, figli disoccupati, è monoreddito o ha difficoltà con il mutuo, e dunque non se la può permettere. Non si può pensare che i lavoratori abbiano dovuto pagare per l’allungamento dell’età pensionabile con la legge Fornero, e adesso debbano pagarsi anche lo sconto.
L’innalzamento dell’età pensionabile poteva essere evitato?
È talmente evidente che noi abbiamo un’età pensionabile troppo alta che a segnalarlo sono le stesse imprese. Secondo i dati Adapt, in questo Paese abbiamo mezzo milione di disoccupati oltre i 50 anni che non sono ricollocabili. Sono infatti troppo giovani per andare in pensione e troppo vecchi per ritrovare un lavoro. Non ci sono né Job Act né incentivi che tengano: le persone dai 45-50 anni in su non trovano lavoro.
Proprio per questo il ministro Giuliano Poletti ha dichiarato più volte che occorre introdurre la flessibilità…
La flessibilità rischia di essere soltanto una lotteria. A qualcuno servirà e sarà utile, ma soltanto a chi se la potrà pagare. Personalmente non la trovo una cosa giusta. Io sono per una riforma che abbassi l’età pensionabile e distingua tra i diversi lavori. Ci sono lavori che possono essere svolti fino a 67 anni, e volontariamente anche oltre. Mentre ce ne sono altri che non è umanamente possibile né produttivo continuare a fare fino a quell’età, come testimoniano tante imprese che di solito tendono a “svecchiare”.
La proposta Damiano prevede di poter andare in pensione a 62 anni, con una penalizzazione massima dell’8% per chi ha 35 anni di contributi. Lei che cosa ne pensa?
Intanto sappiamo tutti che questa proposta non ha il sostegno del governo, secondo il quale non ci sono i soldi. Per l’esecutivo costa troppo, e quindi vuol dire che bisognerà pagare di più: c’è chi pensa a interventi fino al 20-23%. In ogni caso l’8% è tanto o poco a seconda di quanto prendi di pensione. Se uno prende 1000 al mese, ha il mutuo da pagare, è monoreddito e deve anche mantenere i figli perché non trovano lavoro, 80 euro in più o meno al mese fanno la differenza.
E quindi qual è la soluzione?
Tutti sanno che senza cambiare la legge Fornero introdurre la flessibilità sarebbe molto oneroso. Serve quindi una riforma delle pensioni, con il compito di abbassare l’età pensionabile e rimettere in equilibrio il rapporto tra pilastro pubblico e pilastro privato della previdenza.
Ci sono le risorse per farlo?
L’unico dato positivo della legge Fornero è che ha determinato risparmi superiori a quelli previsti, e quindi in parte utilizzabili. Personalmente ritengo che quella di Damiano sia un’operazione propagandistica e di posizionamento politico. È una battaglia politica di Damiano nella dialettica nel Pd e con il governo Renzi. Vanno piuttosto utilizzate le risorse della legge Fornero per fare una nuova riforma.
(Pietro Vernizzi)