Oggi Repubblica dedica un minispazio tra le lettere dei lettori ai problemi di chi vorrebbe andare in pensione ma non ci riesce. Un lavoratore precoce, segnala di aver cominciato a lavorare nel 1977, ma di non poter andare in pensione se non nel 2021, con 43 anni e mezzo di contributi. Se passasse il Ddl potrebbe farlo con 41 anni di contributi e senza penalizzazioni. Una donna segnala invece di aver persino riscattato gli anni di laurea, ma che nonostante questo non potrà accedere alla pensione prima del 2031, quando avrà quasi 69 anni. Anche in questo caso la flessibilità potrebbe permetterle di non attendere così tanto. 



Il Sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta (che insieme a Cesare Damiano è promotore di una legge sulla flessibilità), riaccende le speranze di quanti si aspettano una riforma delle pensioni con la Legge di stabilità. In un’intervista a Class Cnbc ha infatti detto che non è dalla flessibilità in uscita che verranno ricavate le risorse per evitare lo scatto delle clausole di salvaguardia, ma dalla spending review. Sembra quindi che non si rinuncerà al minimo cambiamento del sistema previdenziale. 



Il ricongiungimento pensionistico sembra stia creando problemi in Sicilia. Lo riporta Il Giornale di Sicilia, spiegando che in Regione ci sono molte pratiche bloccate. In buona sostanza, i dipendenti regionali non possono al momento “recuperare” gli anni di contribuzione per lavori svolti in altre strutture: un problema non da poco per chi vorrebbe andare in pensione. 

Cesare Damiano torna a ricordare al Governo di rispettare gli impegni presi. Sulla sua pagina Facebook, il Presidente della commissione Lavoro della Camera chiede infatti al Premier di non dimenticare, in vista della Legge di stabilità che dovrà essere predisposta entro fine settembre, la sua promessa di introdurre un criterio di flessibilità nel sistema pensionistico a partire dai 62 anni. “Si tratta – scrive Damiano – di un obiettivo che fa diminuire il numeri dei nuovi poveri potenziali (chi deve aspettare la pensione per 4-5 anni senza reddito) e può far aumentare, attraverso il turnover, l’occupazione dei giovani”. Dunque, nonostante le diverse dichiarazioni delle settimane e dei mesi scorsi, ancora non c’è certezza sul fatto che ci sarà una riforma delle pensioni attiva dal nuovo anno. Anche perché l’asfittica crescita del secondo trimestre e lo scenario di incertezza internazionale all’orizzonte, sommati alle promesse di tagli delle tasse fatte dal Premier, non sembrano lasciare molti margini di manovra per una flessibilità che possa poi venire utilizzata effettivamente dagli italiani. Non resta dunque che capire cosa Renzi intende realmente fare sul fronte delle pensioni.