“La Lega nord a settembre illustrerà i contenuti di una legge quadro sulla famiglia che prevede, tra l’altro, di assegnare i contributi previdenziali anche alle donne che anziché lavorare si occupano dell’educazione dei figli”. A rivelarlo è Massimiliano Fedriga, deputato della Lega nord e membro della commissione Lavoro della Camera. Il presidente della commissione, Cesare Damiano (Pd), ha proposto intanto la cosiddetta “Quota 41” per i lavoratori precoci. In pratica se la proposta sarà approvata, chi ha iniziato a lavorare molto giovane potrà andare in pensione con 41 anni di contributi, senza penalizzazioni e a prescindere dall’età.



Onorevole Fedriga, è d’accordo con “Quota 41” proposta da Damiano? Sì, sono d’accordo perché è una follia pensare che chi ha iniziato presto a lavorare, e quindi presumibilmente svolge mansioni di fatica, possa essere come un robot che lavora per 50 anni. Inoltre, c’erano degli accordi chiari, precedenti alla legge Fornero, che sono stati smentiti da quella riforma votata oltretutto anche dal Pd. Vedo dunque con favore qualsiasi proposta che vada a demolire, sia pure in parte, la riforma Fornero.  



La soluzione migliore è “Quota 41” o avete anche delle altre proposte? La nostra idea è reintrodurre la pensione di anzianità eliminata dalla legge Fornero. I 41 anni di contributi proposti da Damiano per noi comunque vanno benissimo. Io sono per introdurre anche le quote, cioè una somma di anni di contributi ed età anagrafica. Bisogna sicuramente ridurre anche la pensione di vecchiaia, che la riforma Fornero a regime porterà addirittura a 69 anni e nove mesi.

Nel vostro sistema di quote, quanti anni di contributi ritiene necessari per andare in pensione? I 40-42 anni di contributi con le finestre mobili, preesistenti alla legge Fornero, per noi andavano più che bene. Era una norma equa che garantiva i conti in ordine per la stessa previdenza Inps. Era quindi assolutamente corretta e corrispondente alla realtà dei fatti dei lavoratori, al contrario della legge Fornero la cui unica logica è generare risparmi per lo Stato.



Come possono coesistere il requisito dei 40-42 anni di contributi con le quote?

Riteniamo che ci debbano essere più modi per poter andare in pensione. Da un lato la pensione di anzianità, basata sugli anni di contributi versati, dall’altra la pensione di vecchiaia per chi raggiunge l’età anagrafica per accedere alla prestazione previdenziale. In terzo luogo va previsto un sistema di quote, ovvero la somma dell’età anagrafica più quella contributiva, che può essere quota 95 o 96.

 

A quanti anni ritiene che si abbia diritto alla pensione di vecchiaia?

Su questo bisogna iniziare a distinguere tra lavori diversi. Chi sta dietro a una scrivania può restare per qualche anno in più rispetto a chi fa l’operaio in fabbrica o svolge lavori di fatica. Fatta questa premessa, prima della legge Fornero si aveva diritto alla pensione di vecchiaia a 65 anni per gli uomini e a 60 anni per le donne. Se si vuole si può restare a 65 anni per gli uomini ed elevare l’età a 62 anni per le donne.

 

Che cosa proponete in particolare per le donne che hanno meno anni di contributi perché si sono occupate della famiglia?

Abbiamo presentato una proposta di legge, che illustreremo alla stampa a settembre. Proponiamo di assegnare dei contributi alle donne che lavorano in casa e assistono i figli, perché questo significa valorizzare la famiglia e generare un risparmio per lo Stato. Anche perché le donne che crescono dei figli svolgono un lavoro ben più faticoso di molti altri.

 

Quali altri punti sono contenuti nel vostro disegno di legge?

È una legge quadro per aiutare le famiglie che va dagli asili nido al quoziente familiare, con agevolazioni fiscali di diverso tipo.

 

(Pietro Vernizzi)