È notizia di qualche giorno fa di un’importante decisione sul piano del mercato del lavoro che potrebbe cambiare gli scenari prossimi e futuri: con l’acquisizione dei pareri, ancorchè non vincolanti, delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato, e della Conferenza delle regioni e delle province autonome, il governo ha espletato l’iter necessario per emanare in via definitiva il decreto di riordino dei servizi per il lavoro e delle politiche attive. La discussione parlamentare e i molti convegni svoltisi in queste settimane hanno fatto emergere due questioni rilvenati che meritano di essere poste all’attenzione: il rapporto tra politiche nazionali e regionali da un lato e quello tra il ruolo dei centri pubblici per l’impiego e gli operatori privati accreditati per i servizi al lavoro. Entrambi questi temi di scottante attualità rischiano di essere affrontate da un punto di vista puramente ideologico, con la spiacevole conseguenza che i vari attori in campo si arrocchino sulle rispettive posizioni in campo, senza vedere la sostanza del problema: a mio parere è decisivo mettere al centro del disegno riformatore non gli erogatori dei servizi, ma le persone che ne hanno bisogno, i «clienti», si direbbe con linguaggio aziendale. È importante salvaguardare, infatti, l’unitarietà del processo operativo, il che significa in ultima analisi che la persona sia presa in carico, supportata con i servizi di cui necessita, e possibilmente ricollocata da un unico interlocutore, un po’ come in medicina si fa di tutto per salvaguardare la positiva relazione tra medico e paziente. È noto infatti che ad ogni passaggio di mano chi riceve le informazioni è spesso costretto a doverle non solo riaggiornare ma anche riverificare, con un inutile e multiplo fastidio per la persona che viene coinvolta, perché i tempi così vengono inevitabilmente raddoppiati.
Occorre ragionare facendo salva l’unitarietà dei processi e guardando soprattutto alle esigenze insite nel mercato del lavoro. I tempi della domanda di lavoro espresse dalle imprese sono notoriamente molto più dinamici di quelli della nostra pubblica amministrazione. Perciò risulta fondamentale avvicinare i momenti di attivazione e di esecuzione dei servizi a quelli coerenti con le richieste delle aziende e nello stesso tempo, parallelamente, va assicurata la possibilità per il soggetto pubblico di optare, sotto il profilo della distribuzione delle attività, in una logica di «make or buy» (realizza o acquista). Il tutto applicando i principi di efficacia ed efficienza della propria azione, per l’esternalizzazione di tutte le attività di propria competenza con esclusione, ovviamente, di quelle relative alla pianificazione strategica, al controllo e alla gestione della condizionalità. Anche in questo caso si potrebbe prendere a prestito la macro tematica della Sanità: laddove il privato è stato coinvolto pienamente nel sistema di erogazione dei servizi sanitari, tempi e qualità delle prestazioni hanno rapidamente raggiunto vette di eccellenza assoluta. Guardando le cose dal punto di vista di chi cerca lavoro e di come rispondere meglio e più velocemente al suo bisogno è più facile imboccare la strada giusta da seguire. Non sbagliamo!



Antonio Bonardo (Direttore public affairs Gi Group)

L’intervento è proposto ai lettori de Il Sussidiario da Gi Group

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