“Anch’io in linea di principio sono contrario alle penalizzazioni per chi desidera andare in pensione in anticipo, ma i sindacati dovrebbero tenere conto anche delle esigenze di bilancio”. E’ il commento di Marco Baldassarre, deputato del gruppo Alternativa libera (ex M5S) e membro della commissione Lavoro alla Camera. In un’intervista al Corriere della Sera Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, aveva rimarcato che “bisogna reintrodurre un certo grado di flessibilità sulle pensioni. Perché tenere le persone dentro le aziende è uno dei fattori che impedisce ai giovani di trovare un lavoro. E’ una delle cause per cui le aziende stesse faticano a tenere il passo con un mondo sempre più veloce”. E Poletti ha aggiunto che la flessibilità “non deve essere per forza a costo zero” per lo Stato.



E’ giusto che lo Stato paghi per la scelta dei lavoratori di andare in pensione prima?

Si era già capito fin dall’inizio che la flessibilità non sarebbe stata a costo zero. Quest’ultima comporterà infatti un numero maggiore di persone che andranno in pensione prima, e che quindi graveranno sui bilanci dell’Inps. Con la flessibilità delle pensioni però si darà una mano ai giovani che intendono entrare nel mondo del lavoro, e che oggi hanno maggiori difficoltà di quelle che avrebbero altrimenti per via dell’elevata età media dei lavoratori. Non basterà certo questo per risolvere il problema della disoccupazione giovanile, ma sicuramente si alleggerirà il carico anagrafico e quindi ci potrà essere un maggiore ricambio generazionale.



I sindacati chiedono che non ci siano penalizzazioni aggiuntive, a parte quelle già implicite nel sistema contributivo. Lei è d’accordo?

Anch’io non sono molto a favore delle penalizzazioni, perché comunque colpiscono persone che hanno lavorato per gran parte della loro vita e che hanno bisogno di andare in pensione. Io sarei favorevole o a tornare alle pensioni intere oppure ad abbassare l’età di accesso soprattutto per chi ha svolto lavori usuranti. L’età giusta per andare in pensione, e per godersi di quello che resta della propria vita, comunque non deve essere di 66/67 anni come con la legge Fornero, ma deve essere anticipata.



Quindi hanno ragione i sindacati?

Anch’io non sarei favorevole a penalizzare chi deve andare in pensione prima. Poi però andiamo sempre a scontrarci contro lo scoglio delle risorse finanziarie. Per cercare di mantenere numeri ragionevoli e per non trovarci sempre contro la Ragioneria di Stato, che ha sempre qualcosa da obiettare su tutti i provvedimenti di questo tipo, può darsi che la penalizzazione sia l’unica opzione disponibile anche se non mi trova favorevole.

Cesare Damiano ha proposto “Quota 41” per i lavoratori precoci. Lei che cosa ne pensa?

In effetti 41 anni di lavoro sono tantissimi, ed è giusto quindi permettere a queste persone di andare in pensione. Oggi però ci troviamo di fronte al paradosso opposto. Prima si riusciva a iniziare a lavorare molto precocemente, mentre oggi si trova un’occupazione a un’età relativamente tarda.

 

Per quali ragioni?

Tra chi continua gli studi iscrivendosi all’università, chi non riesce a trovare un lavoro dopo avere terminato le scuole e chi non riesce ad avere continuità contributiva per via della flessibilità del lavoro, molti giovani faticano a entrare stabilmente nel mercato del lavoro. “Quota 41” garantirebbe quindi una possibilità per le vecchie generazioni, ma non è una soluzione a lungo termine per chi invece non potrà permettersi tanti anni di contribuzione.

 

Che cosa propone invece per quanto riguarda i mestieri usuranti?

Sicuramente c’è da realizzare uno studio per valutare quali sono i mestieri usuranti sia di natura fisica sia di natura psicofisica. Da un lato ci sono un muratore o un infermiere che devono spesso sollevare persone anziane, dall’altra un ferroviere cui è richiesta una concentrazione costante. Ma anche un insegnante a 60 anni può non riuscire a gestire una classe di 30-35 alunni. Anche da questo punto di vista però bisognerà considerare lo stesso impatto sui bilanci.

 

(Pietro Vernizzi)