Con l’approvazione degli ultimi 4 decreti attuativi della legge-delega n. 183 del 2014 il sisefno architettonico del Jobs Act è completato. Tra i provvedimenti varati dal Consiglio dei ministri vi è l’importantissimo decreto sul riordino dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, che è in linea con gli orientamenti europei della “flexicurity”. La finalità strategica, nella visione del governo,  è la costruzione di un nuovo “framework” di tutele dei lavoratori nel mercato del lavoro. E’ questo modello che, negli intenti programmatici – andrà a sostituire progressivamente la vecchia tutela sul posto di lavoro, garantita dall’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Per realizzare quest’obiettivo è però necessario che le “politiche attive” funzionino davvero. E su tutto il territorio nazionale. La versione finale  del provvedimento è il risultato di un compromesso: la volontà di  governare tutto centralmente, come prevede il disegno di riforma costituzionale attualmente in discussione in Parlamento e la realtà dei fatti contenuta nella Costituzione vigente, in cui le competenze in materia di politiche del lavoro sono in condivisione tra lo Stato e le Regioni. La soluzione trovata è stata quella di progettare un sistema conforme alla futura Costituzione, lasciando nel frattempo spazio alle Regioni di poterne interpretare le logiche operative ciascuna a modo suo, tramite lo strumento delle convenzioni, che ognuna di esse dovrà sottoscrivere col Ministero del Lavoro. Sulla base della nostra esperienza sul campo, riteniamo alla fine positiva questa versione, perché consente alle Regioni, che questa volta dovranno  mettersi davvero alla prova nell’organizzazione dei servizi al lavoro, di scegliere il modello che ritengono più efficace, sapendo che saranno valutate dai cittadini e dall’opinione pubblica sui risultati conseguiti. Cosicchè, quando il governo avrà in mano tutte le leve con la nuova Costituzione, disporrà di elementi concreti per fare le scelte più efficaci per il Paese.



C’è da rilevare la grande stima del governo nei confronti delle Agenzie per il lavoro, che si manifesta in 3 punti del decreto. Il loro coinvolgimento all’interno della “Rete dei Sevizi per il lavoro”, insieme all’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (Anpal), alle Regioni, ad INPS e INAIL, ai fondi interprofessionali e bilaterali, all’Isfol, a Italia Lavoro ed alle Camere di Commercio. Altro passaggio chiave l’istituzione dell’ Albo nazionale dei soggetti accreditati a gestire i servizi di politica attiva del lavoro, superando così le barriere ideologiche delle Regioni che finora hanno resistito ad accreditare gli operatori privati. Infine l’assegno di ricollocazione, che potrà essere richiesto dai soggetti disoccupati percettori della Naspi, dopo 4 mesi di permanenza nello stato di disoccupazione e spendibile presso le agenzie per il lavoro per remunerarne, prevalentemente a risultato conseguito, i servizi specialistici di supporto al reinserimento lavorativo. La strada è quella giusta: al sistema-Paese non resta che imboccarla con celerità e determinazione.

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