“Da anni chiediamo che venga rivisitata la peggiore legge previdenziale d’Europa. Va rivisitata, ma va fatto subito”. A parlare, intervistata a piazza Montecitorio, è il leader della Cisl Annamaria Furlan che si dice d’accordo con quanto sostenuto nelle ultime ore dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti. “Dopo mesi e mesi di annunci, bisogna che finalmente il governo convochi sindacati per cambiarla davvero – ha aggiunto – Le pensioni degli italiani sono molto basse, rivedere la legge pensionistica significa creare le condizioni di fattibilità per le persone”.
L’aumento dell’occupazione tra gli over 55 “è associata anche all’inasprimento delle regole per l’accesso alla pensione”. Lo ha detto il presidente dell’Inps Tito Boeri in una intervista a Radio Anch’io, sottolineando anche la riduzione dell’occupazione tra gli under 30. “Credo che un po’ più di flessibilità in uscita verso la pensione sarebbe di aiuto per l’occupazione giovanile”, ha spiegato. Commentando i dati Inps, secondo Boeri “quando la disoccupazione cala è positivo. Sia la decontribuzione dei contratti a tempo indeterminato che il nuovo contratto a tutele crescenti hanno avuto un effetto” positivo. “Noi lo abbiamo visto dalle nostre statistiche perché c’è stato un incremento forte delle assunzioni a tempo indeterminato da gennaio e poi un ulteriore incremento da marzo con le tutele crescenti”, ha aggiunto.
“Abbiamo sempre chiesto di cambiare la legge Fornero sin dalla sua approvazione. Ma si sta andando nel senso opposto e i dati sull’assunzione di cinquantenni lo dimostrano. Si allungano i tempi del lavoro, ma non si può pensare che la flessibilità in uscita penalizzi i lavoratori”. Lo ha detto il leader della Cgil Susanna Camusso, replicando al ministro del Lavoro Giuliano Poletti che oggi è tornato a parlare di pensioni: “Penso sia un tema importante e abbiamo bisogno di scegliere insieme al Cdm su alcuni temi fiscali e la previdenza – ha detto nel suo intervento a Radio Anch’io – Dentro la legge di stabilità la discussione sulla flessibilità in uscita va fatta. E’ un tema ineludibile”.
Intervistato dal Corriere della Sera, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha parlato di pensioni e flessibilità ma ha anche commentato i recenti dati su occupazione e Pil diffusi di recente dall’Istat: “Sono contento che la disoccupazione giovanile sia scesa al 40 per cento e non sia più al 42. Sarei più contento se scendesse ancora, diciamo al 37 per cento. Ma sempre di numeri alti parliamo. E allora c’è un altro pezzo di riforma del lavoro che bisogna fare”, ha detto, spiegando che questi numeri “ci confermano una ripartenza che, certo, non ha il ritmo che tutti vorremmo ma segnano anche la fine del periodo più difficile dal Dopoguerra in poi. E certificano l’aumento dell’occupazione stabile, che noi avevamo già anticipato negli ultimi mesi con i nostri dati sulle comunicazioni obbligatorie”. Poletti ha poi concluso: “Usciamo da una crisi di sette anni. È inevitabile che si senta ancora la coda della recessione e ci siano numeri apparentemente contraddittori. Adesso di Grecia non si parla più ma tre mesi fa sembrava la fine del mondo. Questo, ad esempio, sugli investimenti può aver influito”.
“Bisogna reintrodurre un certo grado di flessibilità sulle pensioni. Perché tenere le persone dentro le aziende è uno dei fattori che impedisce ai giovani di trovare un lavoro. E una delle cause per cui le aziende stesse faticano a tenere il passo con un mondo sempre più veloce”. Lo ha detto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Al contrario di quanto sostenuto dall’esecutivo, secondo Poletti la flessibilità “non deve essere per forza a costo zero, le penalizzazioni non possono essere insostenibili. Bisognerà fare un ragionamento complessivo nel governo, tenendo a mente che quello non è solo un intervento sulle pensioni. E che, come obiettivo laterale ma non meno importante, ha quello di aiutare l’occupazione giovanile”. In tutti i casi “non si può tornare alle regole che avevamo prima della legge Fornero – ha aggiunto il ministro – Vedremo, discuteremo. E credo che, in termini nuovi, bisogna riprendere in mano anche la questione della staffetta generazionale”.
In questi primi giorni di settembre a tenere banco è soprattutto l’annoso tema della flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, sul quale il governo Renzi sta lavorando per una riforma delle pensioni da inserire nella prossima Legge di Stabilità. A tal proposito la Uil attacca l’esecutivo: “Far pagare ai lavoratori la reintroduzione della flessibilità di accesso alla pensione è inaccettabile”, dice il segretario confederale del sindacato Domenico Proietti, perché “se è vero che la Legge Fornero ha provocato iniquità e ingiustizie sociali, come ripetutamente affermato da esponenti dell’esecutivo, allora bisogna porvi rimedio senza unire al danno la beffa”. Lo stesso Proietti propone di prevedere un range di età magari tra i 62 ed i 70 anni, entro il quale il lavoratore possa decidere quando andare in pensione in funzione della mansione svolta. Insomma, il segretario Uil ribadisce con forza come “eliminare le iniquità e le ingiustizie sociali prodotte dalla Fornero significa non prevedere ulteriori penalizzazioni”.