“Ho chiesto a Padoan e Poletti di individuare un meccanismo per consentire più flessibilità in uscita. Spero che riusciremo a trovare un primo rimedio già con la Stabilità”. Lo scrive il presidente del consiglio, Matteo Renzi, nella rubrica “Caro segretario” sull’Unità. E aggiunge Renzi: “La questione dei pensionamenti è molto complessa. Non posso rispondere delle scelte del passato sulle pensioni (alcune delle quali hanno provocato più costi che risparmi)”. Ma per Giorgio Benvenuto, ex segretario generale Uil ed ex senatore dell’Ulivo, «sulla flessibilità il governo rischia di ripetere la stessa “furbata” fatta sulla questione del Tfr in busta paga, che è stato tassato in modo così pesante da scoraggiare di fatto la maggior parte dei lavoratori».
Lei che cosa ne pensa della questione della flessibilità pensionistica?
In primo luogo dobbiamo renderci conto di che cosa rappresenti la legge Fornero. Questo provvedimento avrà pure dato dei risultati soddisfacenti per la tenuta dei conti pubblici, sia pure in una miope ottica ragionieristica. Nella sua fase di attuazione ha dimostrato però di avere numerosi elementi negativi. Ha creato il problema degli esodati, e ha posto dei tali vincoli di rigidità che ha determinato una difficoltà nella crescita dell’occupazione.
Perché è così difficile riformare le pensioni?
L’ultima riforma seria che è stata fatta sulle pensioni è quella del governo Dini, che ha reso possibili dei risparmi ma che è stata anche accettata dal Paese. Poi negli anni successivi si è proceduto con misure dettate di volta in volta da esigenze di cassa. La legge Fornero tutto è tranne che una riforma: è stata fatta guardando solamente alle esigenze di cassa.
Come vede il rapporto tra sistema pensionistico e occupazione?
In una società globalizzata si pone la questione della flessibilità lavorativa. A ciò si aggiunge l’esigenza di un ricambio generazionale nelle professioni, tenendo anche conto del fatto che alcuni posti di lavoro sono destinati a scomparire.
Che cosa c’entra con tutto ciò la riforma Fornero?
Una riforma come la legge Fornero, fatta nell’ottica di trovare soldi agendo con l’accetta, è stata ingiusta dal punto di vista sociale. Ma si rivela anche controproducente per la politica, che tutti auspichiamo, di favorire la ripresa e l’occupazione.
Ora Renzi si dice disponibile a introdurre la flessibilità pensionistica nella legge di stabilità. La convince?
Vedremo. Il presidente del consiglio ha fornito in più occasioni la sua disponibilità a cambiare la legge sulle pensioni. Bisogna capire se ciò sarà recepito anche dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Al di là di quanto si vuole fare apparire con la propaganda, la questione dirimente è se riusciremo a fare valere le nostre ragioni a livello europeo.
Quale dei diversi strumenti possibili è più adeguato per la flessibilità?
Il governo in questo caso non deve ripetere l’errore che fece quando diede ai lavoratori la possibilità di mettere il trattamento di fine rapporto in busta paga. Il Tfr gode infatti di una tassazione separata vantaggiosa, ma mettendolo in bustapaga è soggetto a un’aliquota separata. Quella mossa, che poteva anche dare una piccola spinta all’aumento della domanda, si è rivelata inutile tanto è vero che hanno scelto di beneficarne solo 8mila italiani.
Intende dire che si deve evitare di introdurre una penalizzazione troppo alta per chi va prima in pensione?
Esattamente. Quando si parla di flessibilità pensionistica la penalizzazione non può durare per tutta la vita. Il ddl Damiano è dunque una proposta migliore di altre posizioni un po’ confuse. La penalizzazione che vuole fare il governo ha le stesse caratteristiche della furbata fatta con il Tfr.
Come è possibile trovare una soluzione?
E’ un argomento da discutere con le parti sociali, in quanto sul sistema pensionistico sono stati fatti troppi errori. Bisogna pensare che non si possono mettere in moto dei meccanismi che non tengano conto di un’inflazione che entro pochi anni arriverà al 2-3%. Anche per questo se io introduco una penalizzazione permanente, un pensionato finisce per perderci.
Secondo lei vanno trovate soluzioni ad hoc per i lavoratori precoci?
I casi di persone che hanno iniziato a lavorare molto giovani, e sono dunque abbastanza logorate, sono piuttosto diffusi. E’ vero che in Italia c’è sempre la tendenza a esagerare, e in alcuni momenti c’è stata la cattiva abitudine di considerare usurante qualsiasi lavoro. Sarebbero però utili un’attenzione e un monitoraggio sui lavoratori precoci e su quanti hanno fatto un lavoro veramente usurante.
(Pietro Vernizzi)