«La volontà del governo è quella di intervenire per creare la flessibilità in uscita, ma questa volontà va poi coniugata con le risorse disponibili». Lo afferma Maurizio Del Conte, professore di Diritto del lavoro all’Università Bocconi di Milano. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, intervistato da Repubblica ha sottolineato: “È fondamentale non deragliare da un principio fondamentale: vanno legate le prestazioni pensionistiche alla durata del tempo di lavoro e alla aspettativa di vita”. Quindi il numero uno del Mef ha aggiunto: “Non c’è nulla di male a esaminare possibili correttivi che riguardano individui che si trovano vicini alla pensione ma con una prospettiva occupazionale difficile. Ma va considerato naturalmente che questo ha un costo e l’equilibrio di finanza pubblica deve essere mantenuto”. In precedenza tanto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, quanto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, si erano espressi a favore di modifiche alla legge Fornero.



Qual è la vera posizione del governo sulla flessibilità pensionistica?

In questo momento il governo sta verificando i conti anche alla luce di alcune novità emerse proprio negli ultimi giorni. La stima di crescita superiore alle attese porta naturalmente maggior gettito, e quindi maggiori disponibilità di risorse. Il riconoscimento da parte dell’Europa per quanto riguarda le riforme fatte, e quindi la possibilità di avere maggior credito sul deficit, a sua volta comporta alcuni decimali di flessibilità di bilancio in più i quali equivalgono a miliardi.



Con quali conseguenze a livello di previdenza?

In funzione di queste novità nei prossimi giorni, e comunque da qui a quando dovrà essere varata la finanziaria, il governo potrà avere idee più precise sullo spazio di manovra. La flessibilità pensionistica è da sempre nell’agenda del governo, e quindi se ci sarà spazio si potrà intervenire.

Nel governo è in atto uno scontro tra Renzi e Poletti da un lato, favorevoli alla flessibilità, e Padoan che invece è contrario?

Non mi pare che ci sia un conflitto. È in atto semplicemente la necessità di verificare la volontà politica, che è stata espressa chiaramente dal presidente del consiglio, con l’effettiva disponibilità di risorse. Sul fronte dei conti pubblici ci sono delle novità positive, e quindi credo ci possa essere una revisione delle posizioni dello stesso Mef.



In quest’ottica come legge la mobilitazione sulle pensioni indetta dai sindacati?

Francamente non riesco a capire quale sia l’obiettivo di questa mobilitazione. In un momento come quello attuale, non contribuisce a fare chiarezza nel quadro complessivo del sistema pensionistico. Anche i sindacati hanno espresso apprezzamento verso l’idea di creare delle finestre di uscita dal lavoro anticipate rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero. La volontà del governo va nella stessa direzione. Siccome l’unica cosa che può frenare l’intervento è l’oggettiva eventuale indisponibilità delle risorse, non credo che una manifestazione possa creare le risorse disponibili.

 

Qualora le risorse ci fossero, lei come modulerebbe l’intervento?

Questa è una scelta politica che va fatta dal governo. Ritengo comunque importante che la penalizzazione in termini di prestazione non sia tale da rendere poi l’opzione di uscita scarsamente appetibile. Dai conti fatti finora, la penalizzazione sarebbe tutto sommato modesta, e quindi a fronte di un anticipo anche generalizzato per tutte le categorie, il punto di equilibrio potrebbe essere attorno all’1-2% in meno rispetto alla prestazione previdenziale. Ciò consentirebbe a molti di usufruirne. Si tratta di vedere poi quanti anni prima sia possibile anticipare il pensionamento. È evidente che ogni anno in più comporta un incremento della penalizzazione in termini di prestazione pensionistica.

 

(Pietro Vernizzi)