«Chiediamo di introdurre un range tra 62 e 67 anni, dentro al quale il lavoratore può scegliere quando andare in pensione anche in base alle diverse tipologie di professione svolta». Lo rivendica Domenico Proietti, segretario confederale della Uil con delega alle politiche fiscali e previdenziali. I ministri del Lavoro e dell’Economia, Giuliano Poletti e Pier Carlo Padoan, in queste ore stanno lavorando a un’ipotesi di flessibilità pensionistica. Intanto alla direzione del Pd il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha rimarcato: “Noi abbiamo bisogno di dire con chiarezza che i conti pensionistici per quello che riguarda il nostro Paese non si toccano. Ma se esiste la possibilità, e stiamo studiando il modo, per cui in cambio di un accordo si possano consentire forme di flessibilità in uscita, se esistono le condizioni per farlo, sarebbe un gesto di buona volontà”.



Renzi e Poletti stanno lavorando sulla flessibilità ma Padoan frena. Come andrà a finire? Noi speriamo che vada a finire con la reintroduzione della flessibilità, perché è questo l’elemento fondamentale. Il governo si era impegnato per bocca del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e del presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Adesso non può perdere la faccia, e noi ci aspettiamo una reintroduzione precisa della flessibilità.



Voi quale soluzione concreta proponete? Noi della Uil crediamo, rispetto a tutte le ipotesi che sono circolate in queste ore, che la via maestra sia quella di prevedere un range tra 62 e 67 anni, dentro al quale il lavoratore può scegliere quando andare in pensione anche in base alle diverse tipologie di professione svolta. Questo renderebbe semplice e appetibile lo strumento, che altrimenti con tutte le subordinate che stanno circolando in queste ore rischia di creare più problemi di quelli che risolve.

Come valuta la possibilità di interventi mirati a favore di donne e lavoratori precoci? Il punto fondamentale è reintrodurre il principio di flessibilità generale. Fare troppi distinguo rischia di creare maggiori problemi rispetto a quelli che si vuole risolvere. Anche perché non conosciamo che cosa intenda bene il governo per provvedimenti mirati. Per le donne esiste già Opzione Donna che il governo voleva togliere, pur essendo fortemente penalizzante, mentre noi pensiamo che debba essere comunque mantenuta. Per i lavoratori precoci, se uno ha versato 41 anni di contributi è giusto che possa andare in pensione subito a prescindere dall’età.



In queste ore si parla di penalizzazioni per le pensioni anticipate che arriverebbero al 15%. C’è il rischio che con livelli così alti poi la flessibilità non sia sfruttata?

Il rischio concreto è una flessibilità non accessibile per le persone. Noi dobbiamo sempre tenere presente che parliamo di prestazioni pensionistiche tra i 1000 e i 1500 euro al mese. Una penalizzazione del 15% equivale a far rinunciare al futuro pensionato a due mensilità all’anno. Ciò rende inutilizzabile questo strumento, facendo sì che sia gravemente penalizzante per i futuri pensionati. Del resto dobbiamo sapere che per chi si ritira dal lavoro a 62 anni c’è già una penalizzazione implicita dovuta al sistema contributivo.

 

Con l’obiettivo di tagliare Tasi e Imu, si troveranno le risorse anche per le pensioni?

Noi pensiamo che le pensioni siano una priorità. Intendiamoci, è una priorità anche il taglio delle tasse, ma occorre fare un intervento selettivo. Non si possono ridurre le imposte allo stesso modo per una prima abitazione di 80 metri quadri e per una di 500 metri. Se noi distinguiamo si possono allocare meglio le risorse disponibili, perché andrebbero finalizzate anche allo sviluppo e alla ripresa dei consumi interni.

 

Martedì avete organizzato una manifestazione per gli esodati. Che cosa chiedete?

Abbiamo organizzato una mobilitazione davanti alla Camera, che continueremo anche giovedì (oggi, ndr), perché chiediamo che prima della legge di stabilità sia data una risposta agli esodati. C’è già un fondo finanziato con 500 milioni di euro, che devono servire per fare la settima salvaguardia. Bisogna prorogare l’Opzione Donna e introdurre la flessibilità in uscita nella legge di stabilità. Infine è necessario risolvere la questione dei cosiddetti “Quota 96” della scuola, nata dal fatto che la legge Fornero ha dimenticato che per gli insegnanti l’anno scolastico non finisce il 31 dicembre ma con l’inizio dell’estate.

 

(Pietro Vernizzi)