Si tiene in questi giorni, presso la storica Maison de la Mutualité, nel centro di Parigi, il 13° Congresso della Confederazione europea dei sindacati. La partecipazione sarà numerosa. Sono, infatti, oltre 500 i delegati dei diversi sindacati nazionali, tra cui i segretari generali e/o presidenti di circa 90 organizzazioni di 39 paesi europei, 10 federazioni sindacali europee di settore e ospiti speciali provenienti da oltre Europa.



Nel Manifesto politico i sindacati europei evidenziano la loro proposta, e prospettiva, per un’Europa migliore basata sulla solidarietà e l’uguaglianza, la giustizia sociale e la coesione, la pace e la democrazia. La triplice europea ricorda come queste organizzazioni, anche nei prossimi anni, continueranno a combattere per una crescita sostenibile, la piena occupazione, il lavoro di qualità, l’equa retribuzione dei lavoratori, i servizi pubblici, l’istruzione e la formazione, l’equità fiscale, una buona governance delle istituzioni, la parità di genere e il rispetto dei diritti fondamentali.



Per far questo, tuttavia, si chiede un diverso modello economico in Europa e nel mondo, e un processo di sviluppo che rispetti le persone e l’ambiente. Tra le emergenze dell’Europa di oggi si sottolinea, ovviamente, la necessità di riscrivere un patto di solidarietà intergenerazionale anche al fine di realizzare una sostanziale riduzione della disoccupazione giovanile nel nostro continente. Questo è, infatti, il presupposto necessario per costruire un futuro sostenibile per l’Europa.

Si sostiene così che tutti i giovani in Europa dovrebbero avere il diritto garantito a un lavoro di qualità o di una formazione adeguata entro quattro mesi dall’ingresso in disoccupazione o il completamento di un percorso di istruzione e formazione (come già previsto dalla Garanzia per i giovani). Questo anche per garantire una transizione più fluida delle giovani generazioni verso il mercato del lavoro.



Viene, tuttavia, da chiedersi, a prescindere dalle grandi conferenze e dalle alte dichiarazioni di principio, se il sindacato, oggi, sia ancora in grado di rappresentare con efficacia i lavoratori più giovani chiamati a confrontarsi ogni giorno, dentro e/o fuori il mercato del lavoro, con le sfide che ci lanciano la grande crisi e un’economia sempre più globale.

Il rischio, di fronte a parti sociali non sempre all’altezza del loro compito, è quello che si riduca, nella società e nelle istituzioni, il loro spazio e il ruolo nel terzo millennio. Per un’Europa, e un’Italia, migliore nei prossimi anni, tuttavia, non è da auspicare un depotenziamento dei sindacati, ma invece il ripensamento delle loro organizzazioni affinché diventino più moderne ed efficaci, in grado di tornare a dialogare con le sfide del mondo globale del ventunesimo secolo.

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