“Dobbiamo trovare un meccanismo per cui chi vuole andare in pensione un po’ prima rinunciando a un po’ di soldi possa farlo, il problema è quanto prima e quanti soldi”. A parlare è Matteo Renzi, intervenuto a Porta a Porta da Bruno Vespa per parlare anche di pensioni e di flessibilità in uscita. “Spererei di farlo nelle prossime settimane e mesi. Sono ottimista ma per lo stato deve essere a somma zero”, ha aggiunto il premier secondo cui sulla questione della flessibilità “non siamo nemmeno partiti, per un principio di buon senso: si annuncia una cosa sulle pensioni quando si è sicuri di farla”. Oltre ai sindacati, anche il leader di Confindustria Giorgio Squinzi ha espresso preoccupazione per la notizia circolata oggi: “Le coperture sono tutte da rivedere e da ricalcolare. Quindi non mi posso esprimere, comunque il problema è serio”.



Non si sono fatte attendere le reazioni dei sindacati dopo le indiscrezioni diffuse da La Repubblica secondo le quali il governo avrebbe intenzione di non inserire un provvedimento di flessibilità pensionistica nella Legge di Stabilità. “Non vogliamo credere che ciò accada perché ci troveremmo di fronte al protrarsi di iniquità ed ingiustizie alle quali tutti dicono di voler porre rimedio”, ha detto il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti. Anche secondo la Cgil “è indispensabile che la legge di Stabilità affronti il tema delle pensioni, introducendo quella flessibilità necessaria da un lato a dare risposte più eque a chi è in procinto di uscire dal mondo del lavoro e dall’altro in grado di consentire l’accesso allo stesso per i giovani. Le risorse, quando vi è l’intenzione, si cercano e si trovano”, ha spiegato Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil.



“Il governo ascolti i pensionati. Serve un passo in avanti di governo e Parlamento a partire dai risultati che auspichiamo produca il negoziato aperto dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti”. A parlare è la vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, intervistata da LiberEtà, il mensile dello Spi-Cgil. “La collaborazione con i sindacati é sempre necessaria, tanto più nel caso dei pensionati che non vogliono fare lobbismo generazionale ma garantire giustizia ed equità anche verso le generazioni future”, ha aggiunto Fedeli, secondo cui “il decreto approvato dai due rami del Parlamento dopo la sentenza della Corte costituzionale ha dato una certa risposta a quei pensionati con trattamenti medi che spesso sono il pilastro di un welfare familiare ancora forte nel nostro paese”. La vicepresidente del Senato fa sapere infine che i tre sindacati Spi, Fnp e Uilp chiedono adesso “la modifica della legge Fornero, la riapertura della discussione sul bonus degli 80 euro riconosciuto a una certa fascia di lavoratori, la discussione sulla no tax area in modo da elevare il livello di esenzione fiscale dei pensionati, una legge nazionale sulla non autosufficienza e la modifica del meccanismo di rivalutazione delle pensioni all’inflazione in modo che garantisca maggiore tutela del potere d’acquisto”.



Dietrofront del governo sulla riforma delle pensioni. Come riportato oggi da La Repubblica, nella prossima Legge di Stabilità non si parlerà di flessibilità in uscita che quindi slitta di almeno un anno. Il motivo? “Non ci sono le coperture – avrebbero riferito fonti di Palazzo Chigi al quotidiano – Dovremmo aprire un negoziato con la Commissione di Bruxelles ma quello lo faremo per strappare più flessibilità sui parametri legati agli investimenti, non per la spesa pensionistica”. D’altra parte, si legge ancora nell’articolo, sia Matteo Renzi sia il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, nell’ultimo weekend a Cernobbio hanno parlato molto di tasse ma evitando sempre il tema pensioni e flessibilità in uscita.

La Cgil replica all’Inps che nella recente indagine “Porte Aperte” ha fatto sapere che, a parità di regole per il calcolo della pensione, gli assegni dei sindacalisti sono in media decisamente più vantaggiosi rispetto a quelli dei lavoratori dipendenti. Il sindacato di Corso Italia afferma di applicare “rigorosamente le leggi in vigore” per i lavoratori in distacco o in permesso non retribuito “che si impegnano nel sindacato”, aggiungendo che “nel pieno rispetto delle norme di legge e dei regolamenti, che giustamente non contemplano alcuna forma di lavoro non coperto da contribuzione e quindi in nero, a quei lavoratori che per l’attività che svolgono nel sindacato percepiscono una retribuzione maggiore di quella da cui provengono, versa la relativa contribuzione aggiuntiva che ovviamente incide sull’assegno previdenziale”. Secondo la Cgil “è ovvio che essendo sia la retribuzione sia gli oneri contributivi a carico del sindacato, il datore di lavoro di provenienza non ha alcun onere a suo carico. Non vi è dunque nessuna condizione di privilegio per chi svolge attività sindacale”. Poi la nota conclude: “E’ bene ricordare che i lavoratori distaccati impegnati nel sindacato rinunciano a sviluppi di carriera e ad altre forme di retribuzione legate all’effettiva presenza in servizio”.