È successo che un giorno un disoccupato si è presentato al Centro per l’impiego accompagnato dai due figli di età prescolare. Di fronte allo stupore dell’impiegato ha proposto di lasciare lì i figli e che si chiamassero centro per l’infanzia. Visto che tanto il lavoro non erano in grado di trovarglielo almeno gli avrebbero permesso di cercarselo da solo alleviandolo dell’incombenza di curare i bambini. In un altro caso si è assistito all’occupazione di un ufficio per l’impiego da parte di un disoccupato che, avendo trovato un posto di lavoro, non otteneva il nulla osta all’assunzione perché l’impiegato addetto alla procedura era in ferie e nessun altro lo sostituiva.
Se siano fatti veri o una leggenda metropolitana non è dato a sapersi. Certamente sono abbastanza illuminanti su quale immane compito spetta a chi oggi deve porsi il tema di rilanciare i servizi al lavoro dopo i decreti attuativi previsti dal Jobs Act. Il sistema dei Centri per l’impiego ha ereditato dai vecchi uffici di collocamento compiti meramente amministrativi e burocratici. Verificare lo stato di occupazione/disoccupazione e mantenere le liste sullo stato occupazionale delle persone erano gli unici compiti su cui erano valutati. Come queste liste fossero oggetto di servizi aggiuntivi era al di fuori dei compiti istituzionali.
Certo, in questi anni, in molti territori si è tentato di rendersi proattivi rispetto alle aziende. Avendo gli elenchi dell’offerta di lavoro disponibile la si è fornita alle imprese che cercavano nuove professionalità. In meno casi si è raccolta anche la domanda di lavoro da parte delle imprese cercando di fare scattare un matching volontario fra offerta e domanda di lavoro con qualche timido tentativo di azioni che favorissero l’incontro.
In molte regioni la legislazione locale ha tentato di cambiare questa situazione. Il limite generale che possiamo rilevare è che si è ovunque ritenuto (tranne nel caso della Lombardia) che vi fosse una gerarchia da rispettare. La Regione si propone degli obiettivi e avvia progetti occupazionali, i Centri per l’impiego sono gli attori e il luogo da cui passano tutte le domande e l’avvio dei progetti individuali, l’eventuale coinvolgimento delle Agenzie per il lavoro privato, o comunque gli enti accreditati, avviene per l’attuazione dei servizi finali di ricerca degli inserimenti lavorativi sul mercato.
Con uno schema di questo tipo i Centri per l’impiego sono rimasti ancorati in prevalenza ai loro compiti amministrativi. Non si è inciso né sulla loro natura, né si sono introdotti compiti e servizi che ne favorissero un’evoluzione in centri di servizio operativi e valutabili per la loro efficienza ed efficacia nei servizi occupazionali veri e propri. Assegnargli poi il ruolo di controllori nei confronti dei privati ha talvolta accentuato una concezione di centralità e di indispensabilità che è uno dei limiti della nostra Pubblica amministrazione dedicata ai servizi ai cittadini.
Questa premessa sui i Centri per l’impiego esistenti ne è una denuncia dei limiti ma anche un’oggettiva giustificazione sul perché oggi non possono essere in grado, in tempi brevi, di essere fornitori a 360 gradi dei servizi al lavoro disegnati dal Jobs Act. L’obiettivo dichiarato all’avvio della riforma è stato quello di assicurare che chiunque si fosse trovato ad avere bisogno di lavoro avrebbe trovato chi si sarebbe preso in carico l’obiettivo di trovargli una nuova occupazione.
Il primo compito quindi è oggi quello di aprire una rete di servizi al lavoro dove questa presa in carico avvenga sul serio. Se essa è fatta di informazioni burocratiche e di una profilatura delle capacità e competenze che la persona ha, l’operatore può proporre alla persona un contratto che prevede uno scambio fra la disponibilità della persona a mettersi in gioco e accettare le proposte di lavoro che arriveranno e una serie di servizi che serviranno a rafforzare la sua occupabilità. È un contratto che di fatto definisce un percorso da farsi assieme e che trova la sua conclusione con l’inserimento lavorativo del disoccupato.
Si basa però su un insieme di diritti e doveri. Non c’è uno che ti prenda in carico e ti sostituisce nel cercare lavoro. La presa in carico è un accompagnamento proattivo perché ti siano forniti i migliori servizi di orientamento, supporto logistico ed economico, corsi di formazione ecc. affinché tu possa trovare la migliore occupazione relativamente alle competenze acquisite e acquisibili.
I servizi forniti sono un costo a carico della collettività e più sono efficaci più persone potranno essere assistite al meglio e più occupazione sarà garantita. È evidente che la centralità del sistema passa dal servizio “indispensabile” alla persona. È la persona che deve essere messa in grado di scegliere dove si sente “presa in carico” meglio e dove quindi si sentirà anche più spronata a essere attiva. Ossia disposta a mettersi in gioco perché il suo lavoro temporaneo è quello di trovare una nuova occupazione usando al meglio i servizi disponibili.
Ogni persona ha talenti particolari. Il contratto di servizio dovrà perciò essere il più personalizzato possibile. Aiutare a cercare lavoro un neolaureato in ingegneria è certo diverso dall’aiutare a cercare lavoro un cinquantenne con la terza media e che ha fatto per vent’anni un lavoro ripetitivo in una mansione non più richiesta dal mercato. È evidente allora che servizi abituati a svolgere compiti amministrativi standardizzabili dovranno trovare un percorso di adeguamento per passare a servizi personalizzati come richiesto dalla nuova legislazione.
Per ottenere questo risultato si deve abbandonare ogni schema gerarchico e creare una rete pubblica e privata dove tutti possano agire alla pari. Da qui, e solo se è chiaro che tutti saranno valutati sulla base dei risultati, è possibile passare a forme di collaborazione che valorizzino le diverse capacità che anche fra servizi al lavoro emergeranno e si potrà agire contro quegli effetti perversi tesi a favorire solo quelle categorie di lavoratori che hanno già competenze richieste dal mercato del lavoro.
Perché il sistema sia in grado di decollare in tempi rapidi e su tutto il territorio nazionale serve una regia tanto semplice quanto forte. Compito della nuova agenzia nazionale è quello di operare perché sia chiara subito la regia e il sistema informativo di supporto. La forza può derivare solo dalla convinzione che si è aperta una nuova stagione per i servizi al lavoro e non possiamo permetterci come Paese di perdere questa occasione di modernizzazione del mercato del mercato.