«L’Inps di Boeri vuole bloccare le proposte di riforma delle pensioni presentate dalla commissione Lavoro, in modo da privilegiare quella inverosimile ideata dal suo stesso presidente». È la denuncia di Roberto Simonetti, deputato della Lega Nord, segretario della commissione Lavoro alla Camera ed ex presidente della Provincia di Biella. Circa un anno fa la commissione Lavoro aveva presentato all’Inps una richiesta di quantificare i costi delle sue proposte in tema di flessibilità pensionistica. Alla fine, dopo tanta attesa, è arrivata la risposta: “Occorrerebbe meglio puntualizzare i meccanismi di calcolo per l’applicazione delle penalizzazioni o maggiorazioni. La disposizione normativa infatti sembrerebbe determinare l’importo della pensione simulando che il soggetto abbia raggiunto la massima anzianità, a prescindere dall’eventuale precedente perfezionamento del diritto a pensione di vecchiaia”. Una risposta sibillina per dire che le proposte della commissione Lavoro sono troppo complicate per poterne effettivamente valutare i costi.
Onorevole Simonetti, a che punto siamo per quanto riguarda la riforma delle pensioni?
La dialettica per la risoluzione della problematica degli esodati è stata risolta al 98%, Opzione Donna è stata risolta al 95%, e adesso vedremo di riuscire a utilizzare con i fondi destinati per la proroga al 2018 il nuovo contatore. Rimane la questione della flessibilità, che per il governo doveva essere una priorità già dallo scorso anno anche se poi non è stata inserita in finanziaria. In realtà il governo intende approvare la riforma delle pensioni nel 2016 in vista delle elezioni anticipate nel 2017.
Come procedono i lavori nella commissione di cui lei è segretario?
Le proposte di legge presentate in commissione, come Quota 100 e il ddl Damiano, sono state incardinate e stanno andando avanti. Questa settimana si riuniranno i comitati ristretti, che si pongono come obiettivo la stesura di un testo unitario da sottoporre al governo.
Quanto costeranno allo Stato le vostre proposte?
La commissione Lavoro alla Camera ha presentato all’Inps una richiesta di quantificazioni dei costi delle nostre proposte di legge. Purtroppo l’Istituto di previdenza ci ha risposto con una nota prendendoci un po’ in giro, in quanto vi si afferma che il ddl Damiano è irricevibile e va modificato in quanto i suoi costi non possono essere quantificati. Mentre la proposta inverosimile del presidente Tito Boeri è stata quantificata e la struttura dell’Inps vi dedica ampio spazio con una relazione dettagliata di una trentina di pagine.
Come si spiega questa risposta da parte dell’Inps?
L’Inps sta non dico frenando, ma certamente non aiutando la commissione ad arrivare a una soluzione. Probabilmente perché Boeri preferirebbe che fosse attuata la sua proposta anziché quella della commissione Lavoro. Fatto sta che è da un anno che attendiamo delle quantificazioni che però non arrivano mai.
A questo punto che cosa farete?
A questa lettera dell’Inps la commissione ha già risposto ribadendo le posizioni che erano state espresse nel disegno di legge. Se noi intendiamo la quota 41 come il riferimento base per andare in pensione, non vedo perché l’Inps ci deve venire a dire che questo non va bene. Fatto sta che noi come commissione siamo sul pezzo e attendiamo che il governo si pronunci.
Quali saranno i prossimi passi?
Entro la fine di gennaio il comitato ristretto della commissione produrrà un testo base sul quale il governo dovrà poi esprimersi. Noi speriamo che l’Inps ci dia una mano sulle quantificazioni, in modo da avere una piattaforma non solo economica ma anche politica sulla quale ragionare tutti insieme. Entro l’estate vogliamo quindi riuscire ad avere una soluzione di questo tema che ormai sta diventando ineludibile.
La flessibilità è compatibile con l’esigenza di tagliare la spesa pubblica?
Buona parte di questi pensionati si ritirerebbero dal lavoro con il sistema “pro quota”, e quindi ciascuno riceverebbe quanto ha versato. Solo uno Stato-patrigno, e non certo un buon padre di famiglia, può pensare che le pensioni siano un peso per il bilancio pubblico. Le pensioni sono una forma di restituzione di ciò che uno ha versato durante la sua vita lavorativa. La spesa pubblica da ridurre è piuttosto quella per l’“assistenzialismo peloso”, i falsi invalidi e le uscite elevate dei ministeri.
(Pietro Vernizzi)