Giorni fa il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha di nuovo fatto sapere in modo perentorio alle parti sociali che, laddove venisse a mancare un accordo tra loro sul nuovo sistema contrattuale, dovranno fare i conti con il Governo, che a quel punto interverrà da solo, scavalcandoli. Non è la prima volta che Renzi esprime questo avvertimento, e conoscendo l’idea che ha dei corpi intermedi c’è chi giura che volentieri tenterà di sostituirsi a loro.



Ma che significa quello che minaccia? Su cosa potrebbe legiferare? È sufficientemente chiaro che potrebbe farlo sul salario: con una legge potrebbe farlo! Ogni tanto la politica viene colta dai tic, spinta verso l’errato obbiettivo di mettere fuori gioco le parti sociali. Anni fa anche i leghisti furono ossessionati  dall’esigenza di ottenere per legge le cosiddette “gabbie salariali” – minimi salariali differenti tra nord e sud. Poi desistettero per buon senso di fronte alla spiegazione che il salario differente, luogo per luogo, già era sostanzialmente in vigore attraverso i contratti liberamente stipulati tra sindacati e imprese. Considerando una parte della paga direttamente legata alla produttività, ed essendo il nord più vivace economicamente e con più alta produttività che nel sud d’Italia,  il risultato che intendevano perseguire era già in grande parte in vigore. Allora perché scomodare il legislatore come se fossimo nell’Urss e generare confusione in politica e negli ambienti di lavoro?



La stessa cosa si sta riproponendo stavolta con Renzi sul salario minimo per legge. Si vuole sperare che anch’egli disponga alla fine del dono del buon senso come l’ebbero gli attuali suoi oppositori. Il salario minimo, infatti, è già definito in Italia dai contratti di lavoro sottoscritti liberamente e autonomamente da lavoratori e imprenditori e hanno una sostanziale efficacia “erga omnes”, perché i nostri contratti di lavoro stipulati dalle organizzazioni di impresa associano la stragrande maggioranza di grandi aziende, medie e piccole dell’industria dei servizi; poi degli artigiani, dei commercianti, degli agricoltori, e delle cooperative. Cioè una rappresentanza molto vasta, che corrisponde a una rappresentanza altrettanto vasta delle grandi Confederazioni dei lavoratori.



È proprio in forza di questa ricchezza di rappresentanza che, più volte, la Corte Costituzionale ha emesso sentenze che affermano l’efficacia erga omnes delle tabelle salariali contrattate dalle parti. Non è un caso che nessun giudice del lavoro si è mai discostato da questa indicazione dall’inizio della Repubblica ai nostri giorni. Le sentenze della Corte sono fortemente ancorate allo spirito costituzionale che favorisce la rappresentanza autonoma dei lavoratori, e anche dell’impresa, per evitare che lo Stato possa surrogare le loro libertà e autonomie, che invece ha voluto esaltare per raggiungere un equilibrio utile al funzionamento della democrazia. I padri costituenti erano molto interessati a tenere lo Stato lontano dalle autonomie dei corpi intermedi, consci dei rischi che comporta per la democrazia uno Stato invadente magari mosso dal caudillo del tempo.

Il Governo ha fatto bene ultimamente a decidere di detassare il salario di produttività  ed eventuali accordi per il welfare aziendale. È stato il miglior modo per stimolare accordi contrattuali nuovi. Ecco, si limiti a ciò. Questo a mio parere è il modo più congeniale  di interpretare il compito dell’esecutivo: indirizzare i soggetti sociali con strumenti propedeutici a politiche del lavoro per stimolare comportamenti negoziali utili alle politiche economiche virtuose. Sostituirsi a loro non porterebbe innovazione ma confusione: una forzatura gratuita dei ruoli. 

Renzi non si preoccupi della condotta delle parti sociali, comunque loro hanno un grande passato e per assicurarsi il futuro faranno sforzi adeguati anche in questa circostanza. Un’eventuale forzatura del Governo più che aiutare i riformatori darà indirettamente una mano agli istinti meno adatti alla razionalità e modernità presenti nel sociale. Non posso pensare che voglia ottenere proprio proprio questo.

Leggi anche

SINDACATI vs IMPRESE/ Se Cgil, Cisl e Uil non si sono (ancora) accorti della crisiSINDACATI E POLITICA/ Così il Recovery può aiutare l'occupazione in ItaliaAMAZON USA, NO AL SINDACATO/ La sfida della rappresentanza nel capitalismo Big Tech