I sindacati, non ancora “rottamati” nonostante tutto, hanno lanciato nel dicembre scorso un’interessante iniziativa comune che chiede di “cambiare le pensioni” e “dare lavoro ai giovani”. Quattro sono, quindi, gli elementi cardine della proposta sindacale: flessibilità (pensionistica) per tutti, rispetto per la fatica dei diversi lavori, il principio che 41 anni di contributi bastano per godersi, finalmente, la pensione e l’auspicio di avere, oggi e domani, pensioni dignitose.



I sindacati ritengono che il ripristino della flessibilità nell’accesso al pensionamento potrebbe essere una prima risposta generalizzata che consentirebbe di venire incontro, anche se parzialmente, alle esigenze di chi svolge i lavori più faticosi e pesanti. Ciò premesso la “triplice sindacale” sostiene, tuttavia, che occorra ripensare, complessivamente, la normativa estendendo, ad esempio, la platea dei beneficiari e i settori coinvolti nel concetto di “usura”, e rivedendo le modalità e i criteri per il calcolo della pensione, in modo che i coefficienti di trasformazione riflettano la differente aspettativa di vita dei lavoratori e delle lavoratrici in base all’attività concretamente svolta.



Guardando alle pensioni che, forse, verranno, i sindacati riconfermano l’importanza del ruolo svolto dalla previdenza complementare nel concorrere ad assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale nel prossimo futuro. In questa prospettiva è necessario che il Governo si impegni a valorizzare la peculiarità del risparmio gestito dai fondi pensione negoziali riconoscendone la, ovvia, finalità sociale anche sul piano fiscale, riportando, quindi, all’11% l’imposta sostitutiva innalzata, incomprensibilmente, al 20% per una malintesa idea di equiparazione alle rendite finanziarie.



I sindacati ritengono, inoltre, che occorra favorire un’ulteriore diffusione della previdenza complementare in tutti i settori, anche tramite lo sviluppo dell’educazione previdenziale e il rilancio di un’adeguata campagna informativa, estendendo ai dipendenti pubblici il regime fiscale già attualmente previsto per i lavoratori del settore privato.

I rappresentanti dei lavoratori propongono, quindi, l’inserimento di elementi correttivi al funzionamento del sistema contributivo in grado di assicurare un trattamento pensionistico adeguato e dignitoso anche a chi svolge, e/o ha svolto, lavori saltuari, discontinui, con retribuzioni basse o è entrato tardi nel mercato del lavoro. In questa prospettiva si auspica la definizione di forme d’integrazione ai trattamenti più bassi anche per le pensioni future, che saranno calcolate, come ben noto, esclusivamente con il metodo contributivo.

È, inoltre, improrogabile, secondo le sigle sindacali, la definizione di schemi di solidarietà intergenerazionale che, attraverso il ricorso alla contribuzione figurativa, incentivino l’utilizzo volontario del part-time fra i lavoratori più anziani, agli ultimi anni di lavoro, nel caso di assunzioni di giovani, secondo modalità da disciplinare in sede di accordi collettivi.

L’Italia riparte, insomma, anche se si dimostra capace di riscrivere, tutti insieme, un serio e credibile patto tra generazioni di cui il capitolo pensioni rappresenta un elemento fondamentale. I sindacati, da parte loro, hanno avanzato una proposta. Sta ora alla politica, in particolare al Governo e alla maggioranza, valutare, augurandosi con la collaborazione e l’ascolto di tutti, quali concrete misure sarà possibile mettere in campo fin dai prossimi mesi.