«Rispetto al ddl Damiano sicuramente l’anticipo pensionistico (Ape) riscuoterà minor interesse, ma è comunque la proposta migliore perché consente alle persone di andare in pensione tre anni prima. Per alcuni lavori molto usuranti tre anni fanno la differenza». È quanto evidenzia Francesco Giubileo, consigliere di amministrazione di Afol Metropolitana ed esperto di pensioni. Nel cosiddetto “patto della lavagna” il presidente del consiglio, Matteo Renzi, ha ribadito che nella prossima Legge di bilancio saranno inseriti anticipo pensionistico ed estensione della quattordicesima per le pensioni più basse. Le due misure sono state messe a punto nel corso del tavolo governo-sindacati. L’esecutivo si è impegnato a destinare alle pensioni 6 miliardi di euro in tre anni.



Perché il governo ha optato per l’Anticipo pensionistico anziché per le proposte di Tito Boeri e Cesare Damiano?

Il ragionamento del governo è stato che per finanziare la proposta di Tito Boeri e di Cesare Damiano non c’era il cash. Queste misure avrebbero coinvolto milioni di persone e richiesto cifre importanti. Con l’Anticipo pensionistico invece le banche ci mettono i soldi, così da non intaccare il sistema previdenziale dello Stato. Il vero nodo è che il prestito bancario è vincolato anche all’assicurazione.



Perché?

C’è da presupporre che tantissimi pensionati prendano il prestito e poi muoiano prima dei 20 anni necessari per ripagarlo. Alla fine probabilmente il governo riuscirà a trovare un modo per convincere le assicurazioni a metterci una base. La questione però non è così semplice, perché le assicurazioni si porranno il problema di fronte al fatto che magari una persona va in pensione avendo un tumore, e quindi ha una prospettiva di vita minore rispetto a chi va in pensione a 60 anni, è in perfetta salute e probabilmente per altri 30 anni sarà in grado di pagare.

L’Ape è conveniente per i pensionati o rischia di finire inutilizzata?



Questo strumento funziona per coloro che hanno perso il lavoro, e quindi sostanzialmente hanno un interesse effettivo ad andare in pensione, o per quanti per il tipo di mansioni che svolgono non ce la fanno più dal punto di vista fisico, e quindi accetteranno anche di prendere un assegno più basso. Le variabili più determinanti saranno quindi la professione che viene svolta, e quanto inciderà l’Ape sulle pensioni future che si andranno a percepire. Le persone si faranno un po’ di conti in tasca, valuteranno e poi sceglieranno.

Secondo lei come andrà a finire?

Rispetto al ddl Damiano sicuramente l’Ape riscuoterà minor interesse, ma è comunque la proposta migliore perché consente alle persone di andare in pensione tre anni prima. Per alcuni lavori molto usuranti tre anni fanno la differenza.

Il governo estenderà la quattordicesima per le pensioni più basse. Ha senso intervenire su chi è già in pensione mentre dal 2018 ci si andrà a 68 anni?

Io avrei alzato l’ammontare delle pensioni minime mentre non avrei proposto la quattordicesima, ma sarebbe stato comunque un intervento più complesso. Il tema in discussione in questo momento è la gestione attuale delle pensioni.

 

In che senso?

La questione è il contributo di solidarietà da realizzare all’interno della gestione pensionistica futura. Si è appurato che non è possibile trasformare le pensioni retributive in contributive, perché non si ha la storia completa delle persone inquadrate con il retributivo. La strada percorribile è invece un’altra: attraverso un contributo di solidarietà progressivo si può ricavare un avanzo di risorse da ridistribuire per la spesa previdenziale.

 

E nel frattempo per i giovani che cosa si fa?

Nulla. Questi interventi sono fatti per chi sta andando in pensione adesso, ma in prospettiva il sistema non regge. Noi abbiamo bisogno di un milione di giovani lavoratori in più, perché a luglio-agosto di ogni anno, il sistema previdenziale va in passivo. Le entrate cioè non sono sufficienti per pagare le pensioni, e lo Stato quindi ci deve mettere i soldi. E’ un sistema che non regge, e tra 20 o 30 anni avremo un problema di sostenibilità previdenziale.

 

(Pietro Vernizzi)