Un pacchetto pensioni da 7 miliardi di euro in tre anni contenuto nella Legge di bilancio. È quello annunciato dal governo Renzi, anche se si tratta ancora di misure da verificare perché il testo della manovra 2016 non è stato né pubblicato, né consegnato ai parlamentari. Inoltre, la Commissione Ue ha chiesto al governo di effettuare alcune modifiche, e quindi almeno in  teoria alcune delle misure potrebbero saltare. Fatto sta che il pacchetto pensioni presentato dal governo ai sindacati è composto da quattro interventi principali: l’anticipo pensionistico (Ape) a partire dai 63 anni, le ricongiunzioni, la quattordicesima per le pensioni minime e le misure per i lavoratori precoci. Ne abbiamo parlato con Roberto Simonetti, deputato della Lega Nord, segretario della commissione Lavoro alla Camera ed ex presidente della Provincia di Biella.



È soddisfatto per il pacchetto pensioni inserito nella Legge di bilancio 2017?

Gli stessi sindacati, che si sono seduti al tavolo, sono confusi e arrabbiati. Perlomeno però loro qualcosa hanno visto, figuriamoci noi deputati che non abbiamo visto niente. Anche in questo caso il parlamento non è più sovrano, ma dipende dalle decisioni del governo.



Che cosa non la convince?

In primo luogo bisognerà vedere quali saranno le effettive coperture, perché sette miliardi in tre anni sono assai pochi rispetto a tutto quello che ha promesso il governo. Se si vogliono trovare risposte per Quota 41, la flessibilità, i lavori usuranti, l’agevolazione per chi ha compiuto 62 anni, il pacchetto è molto ampio e scarsamente coperto in termini economici.

Si riuscirà a tutelare buona parte delle persone che ne hanno bisogno?

L’ampiezza della proposta farà sì che ci sia un numero esiguo di persone che saranno tutelate. Per la stragrande maggioranza dei pensionandi quindi il problema rimarrà.



Ci vuole dare qualche numero?

Sì. Il ddl Damiano prevedeva 320mila unità tra Quota 41 e l’anticipo di tre anni per i 63enni. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Tommaso Nannicini, parla invece di 50mila unità salvaguardate. È chiaro che la platea manca di almeno 250mila unità. La risoluzione è quindi più di immagine che di sostanza. Finché non c’è il testo depositato alle Camere, fare una valutazione nel merito diventa una sfida con l’ignoto.

Chi svolge lavori usuranti non dovrà pagare penalizzazioni. Almeno questo è positivo?

Anche qui è da rilevare una scarsa chiarezza. Le platee dei lavori gravosi non sono quelle definite dalla legge e legate ai lavori usuranti, ma si crea una casistica nuova descritta in modo diverso da ogni giornale, includendo per esempio addirittura i facchini. Bisognerà vedere chi sarà incluso e chi escluso in questi nuovi elenchi.

Lei è favorevole all’aumento della quattordicesima mensilità per le pensioni minime?

Oggi la vera povertà è più dei giovani che dei meno giovani. A essere fondamentali sono quindi delle iniziative di aiuto ai giovani, e non innanzitutto un allargamento della platea di chi gode della quattordicesima mensilità. È chiaro che chi entrerà a farne parte lo farà perché ha una pensione veramente bassa, e quindi c’è un adeguamento di questi valori. Ritengo però che si debba fare molto di più per l’occupazione giovanile, che costituisce il vero problema. A certificarlo non sono io, ma la Caritas con i dati usciti su tutti i giornali.

 

Spesso si dice che anticipare l’età pensionabile favorisce il turnover. È davvero così o è un mito?

Auspico che la politica crei le condizioni affinché un’impresa riesca a essere sempre competitiva e viva la propria vocazione ad allargarsi. Io non voglio neanche pensare che le maestranze siano considerate come un peso da parte degli imprenditori. Pertanto la sostituzione di chi va in pensione con assunzioni tra i giovani potrebbe essere fisiologica a parità di produzione. Se quest’ultima è simile o aumenta, le maestranze devono essere proporzionali. Quindi se una persona va in pensione si presume che ci sia un turnover. Quest’ultimo va ovviamente incentivato, in modo tale da renderlo più certo.

 

Che cosa ne pensa degli incentivi per le imprese che assumono gli studenti?

Ritengo positivi ma irrealizzabili nell’immediato gli sgravi e le detrazioni di cui beneficia un’impresa attraverso l’assunzione di coloro che svolgono l’alternanza scuola/lavoro, cioè l’attività scolastica in azienda. L’alternanza scuola/lavoro di fatto non è ancora partita pur essendo già legge, perché non ci sono i regolamenti né una chiara e strutturata collaborazione tra mondo delle imprese e scuola. La legge parte da quest’anno, e pertanto deve essere ancora rodata.

 

(Pietro Vernizzi)