La posizione della sigla sindacale Cisl rispetto anche al rinnovo dei contratti statali e al generale attore pubblico sotto blocco stipendi è assai diversa da quella di Uil e Cgil: mentre i due sindacati spingono per una mobilitazione sociale e uno sciopero generale contro la Pubblica Amministrazione lasciata con poche risorse nella Manovra Economica del Governo, il sindacato di origini cattoliche insiste sulla necessaria risorsa ma accompagnata da una produttività del dipendenti pubblici, non sempre (e non tutti) ineccepibili. «Creiamo intese, in questo Paese non abbiamo bisogno di istigazioni al conflitto. Non riesco ad immaginare una motivazione per scioperare contro la legge di bilancio», sono le parole del segretario Cisl Annamaria Furlan. Stando al problema dei contratti statali, «le categorie si stanno già muovendo, quindi non dobbiamo inventarci niente”. Lo sciopero generale, strumento principe della protesta sindacale, per la Cisl non è quindi un’ipotesi da prendere in considerazione». Per la Furlan infine, non è solo l’elemento di risorse il punto su cui insistere: «Basta con chi non fa il proprio dovere, perché i furbetti del cartellino danneggiano tutti, quindi se vanno licenziati licenziamoli. Anche perché sulla pubblica amministrazione bisogna parlare di risorse, ma anche di produttività», specificando come sia giusto pretendere un aumento di stipendio del settore se però parallelo a due merito svolto sul lavoro e dimostrando una almeno minima produttività.



Come anticipavamo questa mattina, la maxi condanna contro lo stato per quanto riguarda il tema dei contratti statali e del blocco rinnovi da quanti 7 anni, con anche la rottura delle trattative lo scorso 2015. Proprio da quell’emergenza è nata l’esigenza di una riforme nel campo della Pubblica Amministrazione ma per il rinnovo e aumento degli stipendi dei dipendenti pubblici le misure in campo sono stati poche rispetto alle attese (“solo” 1 miliardi e rotti di euro per i prossimi due anni). Ora la maxi condanna e risarcimento di 35 miliardi di euro rischia di pesare eccome nel computo di riforma Pa studiata dal ministro Madia e dal premier Renzi: sono per la precisione 10.800 euro ad ogni lavoratore pubblico, con lo stato che dunque complessivamente dovrà andare a pagare 34,5 miliardi di euro da qui al 2017. Questo avviene dopo che, come dicevamo qui sotto, la sentenza del Tribunale di Gela ha accertato l’illegittimità del regime di sospensione della contrattazione collettiva per il pubblico impiego, spianando la strada alla class action intentata dal Codacons dinanzi al Tar del Lazio per conto di oltre 2.000 pubblici dipendenti.



Una vicenda che complica assai il giù delicato piano di rinnovi dei contratti statali nella prossima Manovra Economica 2017: i ricorsi vinti contro lo Stato per aver sospeso illegittimamente la contrattazione di rinnovo del contratto pubblico, con relativo aumento degli stipendi dei dipendenti statali, stanno ora pesando e non poco sui piani della Pubblica Amministrazione. Dopo l’Emilia Romagna ora anche la Sicilia arriva alla class action contro il Governo per le spese processuali risultati dal blocco illegittimo dei rinnovi per i contratti statali, come stabilito dallo scorso 30 luglio 2015 da una sentenza della Corte Costituzionale. L’ultima sentenza avvenuta al tribunale di Gela che assomiglia molto alle altre, condanna il ministero della Giustizia, contro cui la causa era rivolta, alla refusione delle spese processuali: inadempienza del Governo, ora però come reagirà a fronte delle complesse politiche sul rinnovo e aumento degli stipendi per l’intero settore pubblico nazionale?



In attesa di novità sui contratti statali e sull’intero rinnovo degli stipendi di dipendenti pubblici con contratti bloccasti da sette anni, a livello locale e regionale i sindacati e le associazioni di consumatori si armano per prevenire i possibili effetti di un nuovo rinnovo col freno a mano tirato, come da tempo denunciano contro l’ultima riforma della Pubblica Amministrazione. Un caso evidente arriva dall’Emilia Romagna dove il Codacons ha aperto ieri una class action contro la pubblica amministrazione regionale per risarcimenti dopo la sospensione dell’ennesima contrattazione collettiva sul rinnovo del pubblico impiego. «Le decisioni dei Tribunali italiani contro il blocco degli stipendi degli statali confermano la validità della nostra azione collettiva, e anzi spianano la strada ad una valanga di risarcimenti in favore dei dipendenti pubblici che hanno aderito alla nostra class action», afferma Carlo Rienzi in una nota. Come riportano poi i colleghi di Bologna Today, «A distanza di oltre un anno dall’esecutività della sentenza della Corte, nulla è stato fatto e migliaia di pubblici dipendenti residenti in regione attendono ancora il rinnovo del contratto. Per tale motivo il Codacons ha depositato un ricorso collettivo al Tar del Lazio, finalizzato ad ottenere la condanna al risarcimento del danno subito da ciascun ricorrente per il periodo compreso tra il 30 luglio 2015 e tutt’oggi». L’indennizzo richiesto dal Codacons solo per la regione Emilia Romagna è altissimo, circa 35 miliardi di euro, e potrebbe portare a nuove sconvolgenti novità anche su altri fronti regionali. Anche per questo motivo la discussione intorno al rinnovo dei contrati statali nazionali non potrà non tener conto delle problematiche locali per non ritrovarsi poi indennizzi altissimi e più class action contemporaneamente.