Con la riforma pensioni in cantiere in queste settimane inevitabile è il ricorso al percorso strutturale per il riscatto di laurea, uno dei termini più interessanti e cercati dai contribuenti italiani che con il discorso pensione che si fa piuttosto complesso, specie per i lavoratori più giovani, prova ad aprire una via in più per recuperare il più possibile negli assegni pensionistici futuri. I fondi ancora restano però oscuri e i termini di legge che verranno presentati prima in Legge di Bilancio e poi nella nuova riforma Pensioni ancora non vedono la completa diffusione nel dibattito pubblico. Resta da capire come avviene il riscatto di laurea, e come aspetto che vogliamo ora sottolineare ci concentriamo sui periodi riscattabili e le sue esclusioni. Come riporta il sito dell’Inps, «E’ ammesso il riscatto del corso legale di laurea a condizione che l’interessato abbia conseguito il titolo di studio. Sono esclusi dalla possibilità di riscatto». I periodi contributivi che non si possono recuperare sono principalmente due: i periodi di iscrizione fuori corso da un lato e «i periodi già coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa o da riscatto che sia non solo presso il fondo cui è diretta la domanda stessa ma anche negli altri regimi previdenziali richiamati dall’art.2, comma 1, del D. Lgs. n.184 del 30/04/1997», riporta ancora il regolamento Inps sul riscatto di laurea.



In tema di riforma pensioni in questa ultima fase dell’anno, il tema del riscatto di laurea non poteva che essere tra i punti principali di discussione, nonostante per molti sia ancora un ambito alquanto oscuro. I periodi di studio universitario possono essere riscattati ai fini pensionistici e, quindi, possono essere utili sia ai fini di anticipare l’uscita sia ai fini di incrementare la misura dell’assegno pensionistico: per questo motivo la misura è discussa ora che nella prossima riforma pensioni si parla proprio di uscita anticipata per andare prima in pensione e con magari un assegno aumentato dal profondo riscatto di laurea. Conditio sine qua non è ovviamente il fatto che a riscattare il corso legale degli studi universitari bisogna aver conseguito il relativo titolo o diploma. Il portale Pensioni Oggi si è però interrogato su cosa possa succedere nel caso in cui il lavoratore avesse cambiato facoltà durante il periodo universitario: «gli anni da ammettere a riscatto saranno rappresentati da quelli di corso della  nuova  Facoltà,  presso  la  quale è stato conseguito il titolo, nonché dagli anni di corso della Facoltà di provenienza,  individuati questi ultimi, secondo la scelta degli interessati. Il numero complessivo degli anni da ammettere a riscatto della laurea è quello corrispondente alla durata del corso che ha dato luogo al conferimento della laurea». Non verrà recuperato mai intero importo speso durante gli studi, questo è noto purtroppo, ma di certo un aiuto maggiore che potrebbe d’ora in poi essere anche leggermente meno complicato nella procedura burocratica, questione che in questi anni ha scoraggiato molto più di un lavoratore un tempo studente universitario. La prossima legge di Bilancio dovrebbe presentare anche questa norma, resta da vedere con che specifiche e soprattutto con che fondi verrà implementato il riscatto di laurea.

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