Come scrivevamo in un recente articolo, la trattativa per il rinnovo del ccnl metalmeccanico è ormai giunta alla stretta finale. L’attenzione sulla vicenda è semplicemente dovuta ad alcuni fattori contingenti: in primis, si tratta del contratto più importante dell’industria, riguardando infatti oltre 1,6 milioni di lavoratori; in secondo luogo, il sistema delle relazioni industriali, in assenza di un accordo generale delle confederazioni, è da (troppo) tempo fermo in attesa che i meccanici risolvano alcuni nodi spinosi. La fantasia, insomma, non è proprio una virtù delle burocrazie. E, curiosamente, la tanto discussa categoria dei meccanici questa volta – in modo unitario – sta individuando soluzioni che il sistema di sicuro accoglierà, vedasi in particolare ciò che riguarda l’inflazione pagata ex post. Tanto che, in qualche altro ambito, sono cominciati i primi mugugni, perché è chiaro che ciò non piace a tutti i sindacalisti che preferirebbero dare soluzioni ai loro lavoratori di inflazione pagata anticipatamente.
Qual è però il punto? Il settore metalmeccanico è tra i più colpiti dalla crisi di questi anni: pare invece un’innovazione non indifferente pensare che l’impresa sia messa nella condizione di pagare quando sa quanto deve pagare, visto i pasticci verificatisi due anni or sono proprio sulla base delle previsioni legate all’inflazione prevista dall’Indice dei prezzi al consumo (Ipca). Notevole che tra i primi a sancire la soluzione a consuntivo ci sia Maurizio Landini.
Tuttavia, la scorsa settimana non è mancata una sorpresa: Landini ha chiesto di poter prendere tempo, in modo da calendarizzare l’agognata firma dopo il 4 di dicembre. Anche a Federmeccanica, comunque, non dispiacerebbe guadagnare un po’ di tempo così da chiudere dopo il referendum. Perché questo rallentamento? Le motivazioni di Fiom e Federmeccanica, a parere di chi scrive, non sono le medesime.
Landini, essendo per il No alla riforma costituzionale, non vuole dare nessun pretesto a Renzi per strumentalizzare la vicenda. Renzi potrebbe farlo? Mah… certo è che con tutti gli incentivi che il governo ha messo e sta mettendo su premi di produttività e welfare, l’imprevedibile premier potrebbe dire “merito mio se crescono i salari” (il welfare è salario indiretto). Federmeccanica, invece, a parere di chi scrive, potrebbe aver fatto un ragionamento completamente diverso: è chiaro che la firma del contratto annunciata dopo il referendum troverebbe un’attenzione diversa da parte di media e opinione pubblica. E questo, per un contratto che ha la giusta ambizione di porsi come riferimento per l’intera industria, non è cosa da poco.
Ora, in sospeso, c’è la sola questione del “decalage”: i sindacati vorrebbero non un meccanismo a scalare (100% nel 2017, 75% nel 2018 e 50% nel 2019), ma un meccanismo a salire (tipo 50% nel 2017, 75% nel 2018 e 100% nel 2019). È quanto ha proposto la Fim, perché l’inflazione è bassa oggi e si presume – e si auspica – salga domani.
In sintesi, nell’economia di un’operazione così complessa, questo rinvio di qualche settimana – la firma per i ben informati si attendeva intorno alla metà di novembre – non pare un grande problema. Sempre che, all’ultimo miglio, qualcuno non scelga di defilarsi. Ma tenderemmo a escludere un finale così clamoroso.
Twitter @sabella_thinkin