Non solo il rinnovo dei contratti statali ma anche la riforma della Pubblica amministrazione potrebbe essere a rischio con la crisi di governo che si è aperta dopo le dimissioni del premier Renzi. La riforma firmata dal ministro Marianna Madia è stata bocciata infatti dalla Corte Costituzionale a fine novembre scorso perché lesiva dell’autonomia delle Regioni. Il testo è stato ritenuto incostituzionale nella parte in cui prevedeva di riformare l’assetto pubblico solo “previo parere” e non “previa intesa” con le Regioni. E le materie in questione erano varie: dai dirigenti della sanità alle partecipate e ai servizi locali come trasporti, rifiuti, illuminazione. Dopo la dichiarazione di incostituzionalità il governo avrebbe quindi dovuto modificare la legge delega e anche alcuni suoi decreti attuativi. Ma con le dimissioni di Renzi cosa ne sarà ora della riforma della Pubblica amministrazione? La crisi di governo ha complicato le cose e si attende di capire quali saranno gli sviluppi.



Sui contratti statali, vista la crisi di governo che si è aperta dopo il voto per il referendum costituzionale, i dipendenti pubblici si chiedono in queste ore se è a rischio la firma dell’accordo politico. Lo scorso 30 novembre governo e sindacati hanno raggiunto un’intesa sul rinnovo dei contratti statali dopo sette anni di blocco. Per l’aumento degli stipendi dei dipendenti pubblici il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia ha proposto (e Cgil, Cisl e Uil hanno poi accettato) 85 euro medi lordi. Ma con la caduta del governo questi aumenti salteranno? Dopo la firma dell’accordo politico sui contratti statali dovrebbe essere avviata la trattativa vera e propria all’Aran, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. E, come sottolinea Businessonline, si tratta di aumenti che devono essere ufficializzati in un atto chiamato testo per gli statali entro febbraio: il rischio però è che questo non sia fatto in tempo.



In questo giorni di crisi di governo l’intesa sui contratti statali che era stata firmata dall’Esecutivo con i sindacati rischia di saltare. Ma questa conseguenza non sembra essere per tutti negativa. La Tecnica della Scuola pubblica infatti la lettera di un insegnante in cui si sottolinea che l’accordo sul rinnovo dei contratti statali salterà sarà ‘positivo’ in particolare per i docenti. L’autore della lettera, Gianfranco Scialpi, ricorda che “a fronte di impegni generici sulla Riforma della legge Brunetta e sulla “Buona Scuola”, i sindacati avevano accettato la ‘mancetta elettorale’ di un aumento lordo di 85 euro nel triennio 2016-18. Assolutamente irricevibile, irrispettoso della categoria! Mi auguro che i sindacati rivedano la loro posizione. Sarà molto difficile! Hanno dimostrato ancora una volta di non essere in grado di ascoltare i lavoratori, di cogliere il malessere che caratterizza la loro condizione (…) Quindi dobbiamo pungolare il sindacato in tutti i modi, affinché cambino sceneggiatura. Diversamente andranno incontro all’ ennesima “Caporetto”, fino alla loro estinzione. E questo non è un bene, perché una sana democrazia necessita di soggetti intermedi come il sindacato, che sappia essere un interlocutore efficace e nel caso faccia opposizione al governo” (clicca qui per leggere tutto). 



Dopo la firma del rinnovo dei contratti statali, avvenuta lo scorso 30 novembre tra governo e sindacati, il Codacons continua a chiedere un risarcimento e un indennizzo per i dipendenti pubblici che hanno dovuto subire il blocco dell’aumento degli stipendi per sette anni. E le richieste dell’associazione a difesa dei consumatori crescono di giorno in giorno. Secondo il Codacons dal 2010 i dipendenti pubblici non fruiscono dell’adeguamento rispetto all’aumento del costo della vita calcolato in base agli indici Istat: “ogni dipendente ministeriale ha perso, in termini di mancato aumento salariale, circa 2.700 euro lordi l’anno”. Il risarcimento chiesto dal Codacons per danni per mancato rinnovo dalla data successiva alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale è di 200 euro al mese per il periodo successivo al 30 luglio 2015. Per danni per effetto del mancato rinnovo dal 2010 invece la richiesta di indennizzo è di 100 euro al mese per il periodo che va dal 2010 al 30 luglio 2015. Clicca qui per leggere tutto.

Nella Legge di Bilancio 2017 sono contenute anche le risorse per i contratti statali. Saranno quindi confermati gil 85 euro medi lordi annunciati dal ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia. L’accordo politico sul rinnovo dei contratti statali è stato siglato da Cgil, Cisl e Uil lo scorso 30 novembre, prima del voto sul referendum costituzionale. In quell’occasione era stata raggiunta un’intesa per lo sblocco, che durava da sette anni, degli aumenti degli stipendi dei dipendenti pubblici. Ora però, dopo la veloce approvazione al Senato della Legge di Bilancio 2017 prima della crisi di governo con le dimissioni del premier Renzi, è da capire se le risorse stanziate saranno in grado di confermare gli aumenti prospettati per i contratti statali. Nella Manovra, come riporta La Repubblica, è stato creato un “Fondo per il pubblico impiego, con una dotazione di 1,48 miliardi di euro per il 2017 e 1,39 miliardi di euro a decorrere dal 2018, per finanziare il rinnovo dei contratti sul triennio 2016-2018, in aggiunta ai 300 milioni di euro già stanziati dall’ultima legge di stabilità”. L’accordo sugli 85 euro sarebbe coperto finanziariamente per il 2017 ma poi?

La Uil, riguardo al rinnovo dei contratti statali, solleva qualche dubbio sullla ‘stabilità’ dell’intesa raggiunta. Il Segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, nella recente riunione degli Esecutivi di tutte le categorie del pubblico impiego, ha dichiarato infatti che sull’accordo raggiunto tra governo e sindacati “c´è il rischio che gravi il peso della sconfitta referendaria subita da Renzi, con le conseguenti dimissioni del Governo”. Come si legge sul sito della Uil, in vista del rinnovo dei contratti statali, Barbagallo ha sottolineato che “ha fatto bene il Presidente della Repubblica a ‘congelare’ le dimissioni del Presidente del Consiglio, proprio per consentire l’approvazione della Legge di bilancio, altrimenti avremmo avuto molti più problemi di quanti ne possiamo immaginare. Io sono determinato – ha proseguito Barbagallo – non preoccupato; determinato a che siano rispettati gli accordi stipulati”. Barbagallo ha infine aggiunto che “se il Governo riuscisse a dare anche le direttive all’Aran, faremmo meglio e presto”.

Gli stanziamenti per il rinnovo dei contratti statali – il cui accordo politico è stato siglato lo scorso 30 novembre da governo e sindacati – sono stati inseriti nella Legge di Bilancio 2017. Nella Manovra Stabilità, approvata ieri al Senato dopo il via libera ricevuto dalla Camera prima del voto per il referendum costituzionale, è stato infatti creato un Fondo per il pubblico impiego. Si tratta di un Fondo, riporta La Repubblica, che ha “una dotazione di 1,48 miliardi di euro per il 2017 e 1,39 miliardi di euro a decorrere dal 2018” per finanziare il rinnovo dei contratti statali “sul triennio 2016-2018, in aggiunta ai 300 milioni di euro già stanziati dall’ultima legge di stabilità”. Per quanto riguarda i risparmi di spesa della Pubblica amministrazione la Legge di Bilancio 2017 li ha fissati in “728,4 milioni nel 2017, 708,9 milioni nel 2018 e 713,2 milioni nel 2019”.

All’interno dell’accordo sul rinnovo dei contratti statali, firmato lo scorso 30 novembre tra governo e sindacati, è contenuto anche un capitolo sulla lotta agli assenteisti della Pubblica amministrazione. Si tratta, come ha spiegato nei giorni scorsi all’agenzia di stampa Adnkronos il presidente dell’Aran Sergio Gasparrini, di uno tra i punti innovativi dell’intesa che è stata siglata. Sergio Gasparrini ha precisato che “non verranno pagati incentivi in base alle presenze dei lavoratori pubblici come hanno osservato alcuni, ma le risorse saranno erogate sulla base del recupero dei tassi di assenza anomali”. Gasparrini ha poi spiegato che “si possono individuare delle misure specifiche per incentivare comportamenti virtuosi. E dunque per abbassare il numero delle assenze il venerdì e il lunedì con strumenti a tutela del lavoratore facendo però in modo di recuperare produttività”. Duque la logica alla base della lotta all’assenteismo contenuta nell’accordo di rinnovo dei contratti statali sembrerebbe non essere punitiva.