Arrivano le prime reazioni ai dati Istat sulla situazione dei pensionati italiani. L’Unione nazionale consumatori (Unc) non sembra molto soddisfatta dei numeri diffusi dall’Istituto nazionale di statistica, secondo cui i pensionati hanno visto nel 2015 crescere l’importo del loro reddito pensionistico di ben 283 euro. “Il problema è che le medie del pollo inevitabilmente non danno la misura di quanti pensionati non riescono ad avere soldi sufficienti per poter mangiare e sono costretti ad andare nelle mense dei poveri. Ci sarebbe piaciuto avere la distribuzione degli importi pensionistici, quanti cioè devono vivere con un reddito complessivo inferiore a 500 euro, quanti tra 500 e 1000 e quanti, invece, hanno pensioni d’oro, graziate dal Governo Renzi e non più costrette a versare, dal prossimo anno, il contributo di solidarietà”, ha detto Massimiliano Dona, Presidente dell’Unc.
I numeri dell’Istat relativi ai pensionati italiani fanno emergere un dato interessante: è sempre meno frequente trovare dei pensionati che continuino a lavorare. L’anno scorso, infatti, erano 442.000 coloro che pur incassando la pensione risultavano occupati, con un calo del 14,3% rispetto al 2011. Non bisogna certo dimenticare l’effetto della riforma delle pensioni targata Fornero in tutto questo: essendosi alzata l’età pensionabile, chi raggiunge “l’ambito traguardo”, spesso non prosegue alcuna attività lavorativa. L’Istat fa anche emergere un altro dato interessante: come per il lavoro, il titolo di studio può fare la differenza anche per il livello della pensione. Infatti il pensionato con una laurea ha un reddito lordo pensionistico medio superiore ai 2.600 euro, contro i poco più di 1.100 che hanno coloro che sono privi di titolo di studio o dotati di licenza elementare.
Il personale della scuola che intende andare in pensione anticipata potrà continuare a prestare servizio part-time. Lo ha chiarito, come ricorda pensionioggi.it, il Miur con un nota diramata la scorsa settimana. Coloro che entro il 31 dicembre 2017 matureranno 41 anni e 10 mesi di contributi (se donne, mentre 42 anni e 10 mesi se uomini) e non avranno compiuto al 31 agosto 2017 i 65 anni di età, potranno quindi chiedere di rimanere in servizio e dovranno presentare relativa domanda entro il prossimo 20 gennaio al ministero. “La retribuzione mensile è rapportata alle ore di servizio e viene corrisposta dalla locale ragioneria territoriale dello stato. La quota di pensione è invece corrisposta dall’Inps nella misura inversamente proporzionale alla riduzione dell’orario di servizio: il cumulo tra pensione e retribuzione non può, infatti, oltrepassare l’ammontare della retribuzione spettante al dipendente che, a parità di condizioni, presta la sua opera a tempo pieno”, ricorda pensionioggi.it.
Non è solo il Movimento 5 Stelle a ritenere che il Governo Gentiloni sia stato creato e abbia ottenuto la fiducia delle camere solo per garantire le pensioni ai parlamentare. Agire per il Trentino, infatti, ricorda che quanto sta accadendo nel panorama politico italiano contrasta profondamente con quanto espresso dagli italiani in occasione del referendum costituzionale. “Come mai non si prosegue in modo celere per giungere a nuova legge elettorale che consenta di andare al voto nel 2017? Forse perché se si andasse alle urne prima della metà di settembre 2017 ben 608 tra deputati e senatori perderebbero i contributi versati come parlamentari, facendo così svanire la prospettiva di una corposa pensione”, si legge in un comunicato del partito. Che prosegue: “Ed ecco il vero punto cardine ‘occulto’ del programma del nuovo governo: il volere dei cittadini verrà dopo gli interessi dei politici. Prima metteranno al sicuro le proprie pensioni e poi si potrà andare alle urne”.
Mentre si attendono novità sulla riforma delle pensioni, si scopre che diminuisce il numero dei pensionati in Italia. Lo mette in evidenza l’Istat nel suo rapporto sulle condizioni di vita dei pensionati tra il 2014 e il 2015. Lo scorso anno, infatti, il loro numero era pari a 16,2 milioni, con un calo di 80.000 unità rispetto al 2014 e di ben 600.000 unità rispetto al 2008. Tuttavia la media della pensione che incassano è in salita. Percepiscono infatti 17.323 euro, 283 in più rispetto al 2014. Ed emerge anche che le donne prendono il 52,8% in meno rispetto agli uomini. Un altro aspetto di rilievo riguarda i nuovi pensionati: prendono meno di quanti sono già in quiescenza. Infatti, l’importo dei loro assegni è in media di 15.197 euro, contro i 16.015 dei pensionati più “vecchi”. L’Istat fa emergere poi che al Sud le pensioni di invalidità hanno un’incidenza doppia rispetto al Nord: 8,3% contro 3,8% per le pensioni di invalidità ordinaria; 20,3% contro 10,7% per quelle di invalidità civile.
La squadra del Governo Gentiloni non è ancora completa: dopo la nomina dei ministri, infatti, bisognerà decidere chi saranno i loro vice e i sottosegretari. Secondo quanto scrive Il Sole 24 Ore, Tommaso Nannicini non dovrebbe fare più parte dell’entourage di palazzo Chigi, dove era sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ma potrebbe avere l’incarico di viceministro del Lavoro, andando quindi a lavorare a stretto contatto, come fatto del resto finora con la riforma delle pensioni, con Giuliano Poletti. Dunque Nannicini potrebbe collaborare a portare a termine la riforma delle pensioni con i necessari decreti attuativi sull’Ape ed eventualmente integrarla con nuove misure. Il Professore della Bocconi dovrebbe anche lavorare sul fronte delle politiche attive, aiutando la neonata Anpal guidata dal suo collega Maurizio Del Conte. Dopo il No al referendum, infatti, la competenza in materia è rimasta in capo alle Regioni e potrebbero esserci quindi delle problematicità nell’erogazione dei servizi.
Il Governo Gentiloni avrà un occhio di riguardo anche per la riforma delle pensioni. Lo si può desumere da quanto scrive l’Agi rispetto al discorso che il Premier ha tenuto al Senato prima del voto di fiducia di ieri. «Obiettivo, completare le riforme: è un governo che deve completare “l’eccezionale opera di riforma e innovazione che è stata fatta in questi anni”. Quindi i temi al centro dell’esecutivo saranno “giustizia, diritti, pensioni, innovazione, lavoro e Sud», si legge nel servizio dell’agenzia di stampa. Un altro passaggio dice poi: «Sul Mezzogiorno risposte credibili: “Servono risposte credibili” sul Sud, sul lavoro, sulla giustizia, sul completamento sulle norme sulle pensioni. Occorrerà lavorare con responsabilità». Vedremo quindi quali saranno le mosse sul campo previdenziale che il nuovo esecutivo vorrà prendere, tenendo conto che il dicastero del Lavoro è rimasto a Giuliano Poletti e che Tommaso Nannicini, tra i fautori dell’accordo tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni, potrebbe diventare il suo vice.
Moreno Barbuti, uno degli animatori del gruppo Facebook Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti, non nasconde una certa amarezza nel constatare che la riforma delle pensioni ha fatto poco per chi, dopo 41 anni di lavoro, vorrebbe poter andare in pensione anche se non ha raggiunto il requisito anagrafico richiesto. In un lungo post sulla pagina del gruppo stesso, non può non far notare che nella Legge di stabilità sono stati varati diversi interventi che chiedono un certo impegno finanziario per lo Stato. Impegno che non sembra essere stato possibile per soddisfare le richieste dei lavoratori precoci. “Cominciamo a pensare che ci sia un disegno apposito per spendere i quattrini a destra e a manca pur di non concedere ciò che è dovuto, e cioè il diritto alla pensione, ai lavoratori che avranno versato contributi per 41 anni!! La domanda è: perché? Possibile che trovino i quattrini per chiunque ma non per noi?”, scrive Barbuti