La crisi di governo venuta in seguito al voto referendario ha portato con sé un rapido voto blindato sulla Legge di bilancio. Era indispensabile per non ingolfare l’amministrazione pubblica e dare certezza delle risorse. Il senso di responsabilità istituzionale ha così portato a un voto senza ulteriori discussioni. La procedura imposta ha lasciato in ombra i contenuti della Legge di bilancio, ma vale la pena riprenderne alcuni che segnano una continuità nelle politiche per l’occupazione.
L’impianto generale vede ancora un impegno, limitato dai vincoli posti dai parametri europei, per una ripresa degli investimenti (fra cui gli indispensabili interventi per le zone terremotate) a sostegno della crescita della domanda e per la ripresa della produzione industriale. Solo dalla crescita generale dell’economia con tassi superiori a quelli degli ultimi anni potrà delinearsi una crescita stabile dell’occupazione. I segnali di una ripresa, anche se limitati, sono però già valutabili. Gli ultimi rilevamenti dell’andamento del mercato del lavoro indicano che, seppur lentamente, la crescita del tasso di occupazione si va stabilizzando. Il numero di persone inattive tende a crescere e la disoccupazione, ancora troppo alta, rimane stabile e in leggero decremento. Il governo Renzi, attraverso il Jobs Act e i suoi provvedimenti attuativi, ha contribuito a riscrivere completamente le regole del mercato del lavoro e ha avviato un nuovo sistema di servizi al lavoro.
Nonostante continue campagne di disinformazione tese a usare casi estremi di contenziosi su licenziamenti individuali, o distorcendo i dati sull’uso dei voucher per il lavoro accessorio dipinti come il nuovo inferno della precarietà, il lavoro di qualità è cresciuto in modo stabile. I contratti a tempo determinato o indeterminato sono cresciuti e caratterizzano sempre meglio la separazione fra lavoro autonomo e subordinato.
Nell’ambito delle norme della nuova Legge di bilancio sono state previste misure per continuare nel sostegno di queste tendenze del mercato del lavoro. Vi era attesa per verificare se gli incentivi alle assunzioni sarebbero stati rinnovati e così è stato, anche se non più in modo generalizzato. Fra gennaio 2015 e il settembre 2016 ben 1,4 milioni di assunzioni (due terzi delle quali a tempo indeterminato) hanno goduto di defiscalizzazione. Con le nuove norme gli interventi saranno mirati all’assunzione di giovani impegnati in programmi di alternanza scuola-lavoro e di disoccupati da più di 6 mesi residenti nelle regioni del Mezzogiorno (per questi ultimi saranno utilizzate risorse del Fondo sociale europeo).
La scelta di concentrare le risorse su due target di lavoratori che hanno maggiori difficoltà di inserimento permetterà di valutarne l’efficacia assieme all’analisi che si potrà dare dei nuovi servizi al lavoro. Gli incentivi all’assunzione sono infatti scarsamente efficaci se lasciati solo all’autoregolazione del mercato. Sono invece importanti se diventano strumenti per supportare percorsi di inserimento o reinserimento lavorativo accompagnati da servizi di formazione e di ricerca di occupazione gestiti da Agenzie per il lavoro.
Le misure previste per i giovani aiutano infatti un’importante ed efficace sperimentazione di alternanza scuola-lavoro che, grazie al sostegno dato ai nuovi contratti di apprendistato, ha consentito di avviare in modo significativo esperienze di lavoro e formazione con il sistema duale.
Nelle regioni più attrezzate nel sostenere i percorsi scuola-lavoro le nuove norme di apprendistato hanno permesso in pochi mesi di inserire migliaia di giovani al lavoro con contratti di apprendistato di primo livello, quando fino a pochi mesi fa tale contratto era praticamente quasi ignorato come occasione di inserimento lavorativo. Le facilitazioni normative ed economiche introdotte possono realmente far emergere il contratto di apprendistato, sia di primo livello come per i livelli superiori, come il contratto di inserimento per il lavoro giovanile. Un ruolo determinante lo potranno svolgere le regioni facilitando la nascita di soggetti capaci di gestire percorsi formativi flessibili e servizi di inserimento lavorativo. Sono questi nuovi soggetti che possono realizzare in tempi brevi un nuovo sistema di formazione professionale adeguato alle esigenze delle imprese e recuperando professionalità con un adeguato arricchimento del capitale umano nazionale. Sarà così possibile disboscare la selva di falsi tirocini e stages che vengono usati oggi per l’inserimento al lavoro dei giovani e che mascherano situazioni di sottosalario creando frustrazione e sfruttamento.
Altrettanta importanza dà la scelta di prevedere nella Legge di bilancio il proseguimento del sostegno ai contratti aziendali e territoriali finalizzati all’incremento della produttività. Come per il capitale umano, anche per la produttività il nostro Paese ha perso, nel periodo di crisi, molti punti rispetto ai paesi concorrenti. Rivedere i sistemi di contrattazione e sostenere investimenti e riorganizzazioni finalizzate al recupero produttivo sono misure essenziali per tutti i settori economici, in particolare per quelli aperti alla concorrenza internazionale. Le misure previste nella Legge di bilancio rilanciano il sostegno ai contratti finalizzati a incrementi di produttività misurabili. Gli aumenti di reddito derivanti da tali contratti saranno tassati al 10% come prima, ma la norma ha elevato fino a 80.000 euro annui il reddito di chi può beneficiarne e ha alzato a 4.000 euro annui il tetto del premio erogabile. Rimane inoltre azzerata la tassazione qualora il premio reddituale sia pagato in servizi di welfare aziendale invece che monetarizzato. Si è previsto che tale modalità possa essere prevista anche da contrattazione nazionale e non solo da intese aziendali. Tale estensione è stata importante nel favorire la chiusura unitaria del contratto dei metalmeccanici e apre una nuova via anche per altre categorie industriali.
Produttività e capitale umano vengono quindi confermati come punti su cui la Legge di bilancio insiste per rilanciare i settori produttivi italiani e dare un sostegno con un arricchimento della formazione dei percorsi di alternanza scuola-lavoro. Subito dopo l’approvazione della legge e con l’insediamento del nuovo governo è però ripresa la polemica sugli effetti del Jobs Act. L’arrivo di un possibile referendum abrogativo proposto dalla Cgil rischia di riaprire una discussione che farebbe tornare il dibattito sul lavoro alla contrapposizione fra tutelati e non tutelati.
I cambiamenti avvenuti e soprattutto quelli attesi dall’impatto delle nuove tecnologie non permettono però tale arretramento. Richiedono invece una capacità di leggere nei punti più avanzati dell’industria che già oggi vi sono, quali tendenze emergeranno. Dare più tutele a tutti sarà possibile solo se anche diritti e tutele saranno un portato delle persone, sempre più coinvolte in una vita di lavori e non solo per un lavoro a vita.