«L’Inpgi ha resistito ad anni devastanti per l’editoria giornalistica grazie a bilanci in ordine e a una gestione rigorosa. E la riforma delle prestazioni, approvata in gran parte dai ministeri proprio nei giorni scorsi, aiuterà l’istituto a resistere anche per i prossimi anni». Marina Macelloni, caporedattore centrale del Sole 24 Ore, ha fatto parte negli ultimi quattro anni del consiglio dell’ente previdenziale dei giornalisti italiani, che sta concludendo il suo mandato in vista delle elezioni di rinnovo, in calendario fra il 22 e il 28 febbraio.



«Il progetto di riforma varato dal consiglio d’amministrazione lo scorso luglio – dice a IlSussidiario.net – non ha puntato a un un semplice aggiustamento, ma a una manovra strutturale, che perseguisse la sostenibilità dell’istituto, applicando concretamente un principio di equità. Abbiamo chiesto a tutti i colleghi iscritti un contributo al riequilibrio sostenibile dei conti». Il ministero del Welfare ha ora approvato larga parte del pacchetto «riconoscendo la validità complessiva dell’impianto». Ha chiesto alliIstituto, nella sua autonomia, di mettere ulteriormente a punto alcuni parametri riguardanti i nuovi requisiti di accesso alle pensioni e le clausole di solidarietà.



«Sappiamo tutti bene anche questo sforzo e il sacrificio che chiediamo a tutti potrebbero non essere sufficienti come temono gli stessi ministeri vigilanti», sottolinea Macelloni. «Nessuna riforma potrà essere sufficiente se non ripartono le assunzioni e se il mercato del lavoro non diventa più dinamico. Abbiamo alcuni segnali positivi ma certo non possiamo dire di aver superato la crisi». Quelli alle spalle «sono stati anni estremamente faticosi sia per il settore che per l’Inpgi. L’impatto della crisi è stato pesante: dal 2010 al 2015, abbiamo perso 3mila posti di lavoro e abbiamo avuto oltre 700 prepensionamenti: questo ha comportato 30 milioni in meno di contributi versati. Ma è lievitata anche la componente straordinaria della spesa, quella legata agli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, disoccupazione, contratti di solidarietà) che è arrivata a 400 milioni. Il bilancio del 2015 chiuderà con uno squilibrio tra entrate e uscite previdenziali di circa 100 milioni. Questo è stato il motivo fondamentale che ha spinto il consiglio ad accelerare il varo di un pacchetto organico di interventi sia le entrate che le uscite».



Quali sono le linee-guida che avete dato al progetto di riforma?

Ci tengo a sottolineare che abbiamo inteso lavorare a una vera e propria riforma. Non abbiamo voluto limitarci a una manovra di contenimento o di aggiustamento, ma ci siamo dati l’obiettivo di ricostruire i meccanismi di contribuzione e prestazione dell’ente nella realtà della professione giornalistica e dell’industria-media in Italia oggi. Quali parti della riforma sono state approvate? I ministeri vigilanti (Economia e Lavoro) hanno dato il via libera alla parte principale delle riforme e hanno rinviato al prossimo consiglio di amministrazione alcuni aspetti. In sintesi entrano in vigore dal primo gennaio l’aumento delle aliquote sia a carico degli editori che dei giornalisti, il nuovo meccanismo per individuare la retribuzione pensionabile (la cosiddetta quota E) e il nuovo coefficiente di rendimento che passa dal 2,66% al 2,30%. Dal primo gennaio 2017 aumenterà di un punto percentuale l’aliquota a carico degli editori per il sostegno della cassa integrazione. Tutte queste misure approvate valgono per le casse dell’Inpgi circa 45 milioni tra minori uscite e maggiori entrate. Possiamo essere soddisfatti perché i ministeri hanno evidentemente giudicato in maniera positiva l’impianto della nostra riforma anche se ci chiedono di riesaminare alcuni punti.

Quali in particolare?

In pratica i ministeri ci hanno detto che dobbiamo fare uno sforzo in più per mettere in sicurezza la gestione in particolare riguardo all’età e alle clausole di salvaguardia che avevamo introdotto per tutelare i colleghi disoccupati o che escono da giornali in crisi e ristrutturazione. L’obiettivo dei ministeri sembra quello di far avvicinare ancora di più le prestazione dell’Inpgi a quelle del sistema generale e su questo dovrà lavorare il prossimo consiglio di amministrazione trovando soluzioni serie che siano più efficaci per la salvaguardia dei conti prospettici ma che ci consentano di mantenere la nostra specificità e non creare esodati e situazioni difficili proprio in un momento già così pesante per la categoria.

 

Quali regole varranno in questa fase transitoria?

Restano in vigore tutte i vecchi requisiti per l’accesso alle pensioni di vecchiaia o di anzianità.

 

Il Welfare ha ritenuto l’ipotesi di contributo di solidarietà da parte dei giornalisti pensionati “coerente” con l’impostazione del progetto, ma difficilmente praticabile per il rischio di una pioggia di ricorsi.

Su questo punto, oggetto di un dibattito acceso nei mesi scorsi, ci tengo a precisare ancora una volta quello che è stato il nostro approccio: un principio forte di equità fra le diverse componenti di età fra gli iscritti. L’Inpgi nasce e continua a vivere sulla solidarietà fra tutti i giornalisti italiani: anche quando ci sono sacrifici da affrontare. Noi avevamo immaginato di chiedere ai pensionati un sacrificio massimo di 22 euro al mese per prestazioni fino a 90mila euro all’anno. Questo per evitare di far ricadere il peso della riforma sui piu’ giovani secondo una misura che non sembrava equa. Il ministero ha ora espresso il suo parere: il nuovo cda lo valuterà assieme alle altre raccomandazioni.

 

La riforma ma non solo: qual è il tuo bilancio dell’ultimo quadriennio?

L’Inpgi è stata in prima linea nel difendere i colleghi in anni di crisi devastante. Abbiamo resistito grazie a bilanci in ordine e gestione rigorosa. Credo che l’Inpgi abbia retto la prova come argine per tanti, tutti i giornalisti italiani. Centinaia di posti di lavoro sono stati salvati grazie agli ammortizzatori sociali messi in campo dall’istituto, cassa integrazione, contratti di solidarietà, prepensionamenti. Moltissimi colleghi che hanno perso il lavoro sono stati tutelati da un sussidio di disoccupazione che copre 24 mesi. Senza dimenticare l’assistenza continua e professionale che gli uffici hanno dato a colleghi, aziende, comitati di redazione. Siamo intervenuti con stimoli importanti anche sul mercato del lavoro: per circa tre anni l’Inpgi si è fatto carico di sgravi contributivi che hanno consentito qualche centinaia di assunzioni, ora gli sgravi sono passati a carico dello Stato, nell’ambito del Jobs Act e stanno funzionando: 800 assunzioni tra fine 2015 e inizio 2016. E’ una misura in cui crediamo molto e che per la prima volta da anni ha consentito di interrompere la perdita di posti di lavoro.

 

Il rilancio dell’occupazione giornalistica è in queste settimane al centro del tavolo di rinnovo del contratto nazionale, fra Fieg e Fnsi.

Di un impulso forte alla creazione di nuovo lavoro giornalistico ha bisogno anche l’Inpgi, perché senza lavoro non ci può essere previdenza. Sarebbe fondamentale che il nuovo contratto trovasse soluzioni per stabilizzare le migliaia di “co.co.co” che lavorano nei giornali e che non hanno contributi stabili e tutele. Ed è giunto il momento che la professione e i suoi istituti aprano percorsi veri e seri di inclusione per tutti i giovani giornalisti che lavorano sul web: sono giornalisti a tutti gli effetti ma troppo spesso nessuno lo riconosce. E ciò avviene anche perché la pressione del cambiamento sull’industria-media è fortissima: i nuovi giornalisti – e sempre più spesso anche giornalisti meno giovani obbligati dalla crisi a cercare nuove opportunità – lavorano in start-up, in aziende innovative, presso editori non tradizionali Il nuovo contratto – ma forse sarà solo l’inizio – non potrà non fare i conti con la “rivoluzione industriale” che ha investito l’editoria giornalistica sul terreno digitale e forse non ha ancora toccato il culmine. In Italia la professione giornalistica ha saputo costruire importanti momenti di tutela di categoria: la sfida, credo non solo dal mio punto di vista, è oggi di quella mantenere viva e operante la forza di queste tutele per tutte le figure che lavorano ogni giorno facendo i giornalisti.

 

Al centro del confronto pre-elettorale c’è anche l’evoluzione della gestione del patrimonio immobiliare dell’Inpgi…

Nel 2013, grazie a una misura introdotta dal governo Monti, abbiamo deciso la costituzione di un fondo immobiliare, detenuto dall’Inpgi al 100%. Ad esso abbiamo iniziato a conferire progressivamente gli immobili: con le ultime operazioni abbiamo apportato l’85% del patrimonio. La legge ci ha consentito di farlo senza piu’ alcuna tassazione sulle plusvalenze emerse nei conferimenti. Nessun artificio contabile: voglio sotlinearlo perché sta diventando argomento di confronto pre-elettorale: ma completamente a torto. Lo strumento del fondo immobiliare è quello indicato dal governo come piu’ efficiente e adeguato per gestire un importate patrimonio immobiliare. E il governo lo ha suggerito a tutte le casse previdenziali: non solo all’Inpgi. Il nostro istituto era invece l’unico a non essersi ancora dotato di questo strumento che consente risparmi fiscali rilevanti più efficiente e in linea con quello che fanno tutte le altre casse. Eravamo rimasti gli unici a non esserci dotati di uno strumento che consente risparmi fiscali molto rilevanti e una gestione piu’ flessibile e professionale degli investimenti: grazie anche alla selezione di una Sgr con gara europea. Sempre in campo immobiliare, l’Inpgi ha dovuto invece sospendere temporaneamente l’erogazione diretta di mutui agli iscritti, ma siamo riusciti a mantenere in vita i prestiti esistenti. Un successo che ci sta particolarmente a cuore è invece il contributo alla soluzione dei problemi che si erano accumulati per l’erogazine dell’indennità “ex fissa”: grazie al prestito approvato dall’Inpgi centinaia di colleghi che erano in lista d’attesa da anni hanno cominciato a ricevere i primi versamenti.

 

Nei giorni scorsi il presidente uscente dell’Inpgi Andrea Camporese è stato rinviato a giudizio nell’ambito del procedimento per la bancarotta della Sopaf.

Camporese è accusato di truffa ai danni dell’ente, il processo inizierà il 21 aprile e in quella sede potrà chiarire la sua posizione. Il caso Sopaf non ha messo in ulteriore difficoltà i bilanci dell’Inpgi. Nel 2009 la gestione separata (l’Inpgi 2) ha investito 30 milioni in quote del Fip, il Fondo immobili pubblici. Queste quote hanno fruttato in 6 anni 14,5 milioni di euro netti, con un rendimento di circa il 7 per cento all’anno e si è rivelato uno dei migliori investimenti fatti dall’Inpgi nei decenni. La posizione dell’Inpgi al momento è quella di parte offesa nel procedimento. Il prossimo consiglio di amministrazione potrà quindi decidere che profilo assumere per tutelare al meglio gli interessi dell’Istituto. Purtroppo non mi sorprende ascolltare condanne sommarie attraverso i megafoni della campagna elettorale. E’ invece un principio di civiltà legale e soprattutto di buona pratica professionale rispettare il lavoro della magistratura: nessun imputato è colpevole fino alla condanna definitiva.

 

Tu ripresenti la candidatura per il consiglio nelle liste “L’Inpgi siamo noi”. Quali sono gli obiettivi che ti proponi in un nuovo mandato?

E’ molto semplice: difendere con le unghie e con i denti quello che abbiamo costruito in questi anni. E’ un patrimonio di cui credo tutti gli iscritti possano andare orgogliosi. L’Inpgi rappresenta una delle principali garanzie dell’autonomia dei giornalisti, dell’informazione in Italia. E’ una sfida impegnativa perché la crisi non è ancora passata, ma pensiamo di aver messo in campo le soluzioni giuste. I ministeri ce l’hanno riconosciuto e il nuovo consiglio sarà chiamato a completare e attuare la manovra e dovrà, in parallelo, avviare una parziale dismissione degli immobili: all’Inpgi lo prescrive la legge. Chiunque farà parte del consiglio non potrà non puntare alla massima valorizzazione del patrimonio senza tuttavia dimenticare la tutela degli attuali inquilini, fra cui molti colleghi. Fra i dossier strategici che i nuovi amministratori Inpgi troveranno sul tavolo ci sarà poi la riforma dello statuto. La nostra “carta” va indubbiamente aggiornata: la governance e alcuni meccanismi associativi possono essere resi piu’ agili ed efficienti e soprattutto meno costosi. I veri risparmi possono venire anche da lì.

 

(Antonio Quaglio)