Da quanto Renzi è premier – è prossimo l’anniversario del suo primo biennio – oramai tutti sanno che è molto mutato l’atteggiamento dell’esecutivo nei confronti delle Parti sociali. Non c’è stato Governo che non ne fosse, nella migliore delle ipotesi, condizionato; il suo esecutivo, invece, tira dritto. Non è vero che Governo e Parti sociali non si parlano, ma Renzi e i suoi vanno per la loro strada. Non sono disposti, almeno per il momento, a quei riti e rituali a cui abbiamo assistito per molto tempo.



Si diceva, da subito, che la volontà del premier fosse quella di colpire e di indebolire il sistema confindustriale e l’assetto interconfederale. Non v’è dubbio che l’impresa sia riuscita, ma non vi è altrettanto dubbio che, in questa nuova fase, il sindacato ha davanti a sé delle lunghe e larghe praterie. Gli stessi incentivi per il salario di produttività – non una novità assoluta a onor del vero – sono la prova del fatto che nessuno vuole togliere al sindacato la sua parte di soggetto della contrattazione, anzi semmai la volontà del legislatore – che in molti all’interno del sistema condividono – è quella di rafforzarne il raggio d’azione. Coloro che risultano indeboliti sono naturalmente le confederazioni. Ed è altrettanto chiaro che, la parte più colpita, è quella datoriale. Questo perché, qualsiasi sviluppo della contrattazione in senso decentrato, non prescinderà mai dal sindacato; ma, dalla rappresentanza datoriale, forse sì.



Si diceva allora che Renzi, per accelerare il suo processo di indebolimento del sistema confindustriale, avrebbe fatto uscire da Confindustria le aziende partecipate dal Tesoro (Enel, Eni, Ferrovie dello Stato, Finmeccanica, Poste). Nel mentre, in Finmeccanica, veniva nominato ad Mauro Moretti; ed è stato proprio Renzi a offrire al manager riminese la guida della prestigiosa conglomerata statale della difesa e dello spazio. Ora che il suo importante piano di ristrutturazione si è concluso ed è nata la “One Company” – le società possedute al 100% sono accorpate e trasformate in “divisioni” della nuova Finmeccanica che mantiene una funzione di capogruppo e di corporate center – il fiore all’occhiello dell’economia e della tecnologia più avanzata di casa nostra firma un’ipotesi di contratto di secondo livello con i sindacati.



Finmeccanica One Company, si è costituita il 1 gennaio scorso attraverso la fusione di Agusta Westland, Alenia Aermacchi, Selex ES, Oto Melara e Wass, e rappresenta la più grande azienda tecnologica italiana e tra le più importanti al mondo nei settori Aerospazio, Difesa e Sistemi, occupando in Italia oltre 28 mila persone alle quali vanno aggiunte almeno 50 mila dell’indotto. L’ipotesi di accordo (valevole anche per le Società Telespazio e Fgs), arrivato a valle di un lungo e complesso negoziato iniziato lo scorso 17 settembre, aveva come obiettivo l’uniformità dei trattamenti dei lavoratori della nuova azienda e la definizione di soluzioni contrattuali innovative.

Fin dall’inizio vi era la consapevolezza dei rischi che una mancata intesa o il protrarsi eccessivo della trattativa avrebbe prodotto ai danni dei lavoratori, il più pericoloso dei quali la decisione dell’impresa di dare disdetta di tutta la contrattazione di secondo livello. Questo avrebbe azzerato decenni di storia contrattuale e trattamenti economici/normativi sicuramente migliorativi rispetto al contratto nazionale metalmeccanico applicato ai dipendenti della società.

L’ipotesi di accordo realizza nell’immediato basi contrattuali comuni per tutti i dipendenti e, per alcune tematiche specifiche, prevede di ricercare nell’arco del 2016 le soluzioni contrattuali più adeguate e innovative. L’accordo in questione, per quanto ancora da ultimare, è di rilievo sia perché coinvolge un numero importante di lavoratori, sia perché rappresenta un asset particolarmente strategico. E tutto ciò avviene in un momento in cui la contrattazione pare uscire dalla fase di stallo (chimici e alimentaristi hanno rinnovato), ma a livello di accordi e modelli vari tra le parti si brancola ancora nel buio (l’intesa tra Cgil, Cisl e Uil resta al momento non condivisa sul fronte datoriale).

Domanda: ma, a questo punto, a Moretti, come ad altre aziende, serve restare all’interno del sistema confindustriale? La risposta, dopo il caso Fiat, non è scontata. E le voci che vogliono Finmeccanica fuori da Confindustria rumoreggiano ancora.

 

Twitter @sabella_thinkin