Un recente studio europeo, realizzato da Eurofound e pubblicato solo pochi giorni fa, analizza il fenomeno del lavoro tramite Agenzia nel nostro continente. Prima di ogni ulteriore analisi è, tuttavia, utile ricordare cosa si intende per lavoro interinale (in Italia diremmo oggi, più correttamente, somministrato), ossia quella specifica forma di occupazione che si caratterizza per un complesso rapporto triangolare tra i lavoratori, le Agenzie per il lavoro e le imprese utilizzatrici.



Un fenomeno, questo, che è stato, è opportuno sottolinearlo, uno dei settori in più rapida crescita sia prima che dopo la grande crisi economica del 2008. Uno sviluppo, peraltro, almeno in parte attribuibile al fatto che, in molti paesi europei, questo schema contrattuale è stato regolamento, è il caso dell’Italia, solo negli ultimi due decenni. 



Emerge, inoltre, come la rilevanza del settore sia fortemente influenzata dalle dinamiche che coinvolgono gli sviluppi del Prodotto interno lordo come si è anche visto anche durante la recente crisi globale quando abbiamo assistito, in Europa, a un calo del lavoro “interinale” più significativo dei livelli globali di occupazione. Allo stesso tempo si deve registrare come le Agenzie per il lavoro abbiano iniziato a far crescere nuovamente il loro volume di attività, sebbene con differenze, anche significative, tra i diversi paesi dell’Unione europea, prima, e più intensamente, che ripartisse, più complessivamente, l’occupazione generalmente intesa.



Lo studio europeo sottolinea, quindi, come a causa della natura specifica del lavoro interinale e delle diverse modalità di conteggio dei lavoratori interinali nei diversi paesi, sia, ahimè, estremamente difficile raccogliere dati, statisticamente rilevanti e comparabili, sull’occupazione realizzata attraverso il lavoro tramite agenzia. Le stime disponibili sul numero di persone impiegate dalle Agenzie del lavoro (temporaneo), tuttavia, ci forniscono un dato che oscilla, significativamente, tra i 2,5 e i 4 milioni in tutta Europa.

In questo quadro si deve evidenziare come l’Italia abbia iniziato a regolamentare tale settore fin dal lontano 1997 con l’approvazione del cosiddetto “Pacchetto Treu”. Oggi il Jobs Act punta con forza sulle potenzialità di tale istituto mettendo le Agenzie al centro di quella “scommessa” chiamata assegno (era contratto in una prima formulazione) di ricollocazione. 

Se questo è possibile lo si deve anche a un mutato atteggiamento, da parte dei diversi soggetti sociali interessati, nei confronti di queste strutture, tanto che la somministrazione viene vista oggi, nel nostro Paese, una forma di flessibilità certamente “buona”, se non addirittura virtuosa.

Sta ora alle Agenzie non dilapidare il capitale accumulato in questi anni. Tutti, infatti, ne hanno da perdere a partire dai lavoratori, in particolare quelli espulsi dal mercato del lavoro, che, sempre più, vedono in questi operatori dei compagni di viaggio in quel lungo percorso che ha come meta l’agognato reinserimento attivo e produttivo nella società.