Il sistema pevidenziale deve affrontate il tema della flessibilità e risolvere varie questioni: le ricongiunzioni onerose, gli esodati non salvaguardati e i lavori usuranti. A sostenerlo è l’ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro della Camera. Secondo quanto riportato da PensioniOggi, Damiano punta all’eliminazione di ogni riferimento alla previdenza nella Delega al Governo sul SIA, il Sostegno all’inclusione attiva: “Le dichiarazioni ei ministri Padoan e Poletti circa l’intenzione del Governo di non toccare le pensioni di reversibilità, vanno nella giusta direzione. Per renderle concrete e per sgombrare il campo da dubbi interpretativi, trattandosi di una legge Delega, proporrò un emendamento di cancellazione del testo laddove si fa riferimento alla razionalizzazione delle prestazioni previdenziali. E’ fondamentale tenere rigorosamente separati gli interventi sulla previdenza da quelli sull’assistenza”.
E’ polemica sulla razionalizzazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali che dovranno essere concesse sulla base dell’Isee del nucleo familiare. Secondo quanto riportato da PensioniOggi “minoranza dem, opposizioni e la parte sindacale denunciano come si sia di fronte all’ennesimo tentativo di fare cassa attraverso il capitolo previdenza che colpirà in particolare le vedove. Nella relazione illustrativa del Governo al disegno di legge Delega oltre all’assegno sociale si citano, infatti, anche le pensioni di reversibilità (e quelle indirette) oltre che l’integrazione al trattamento minimo e la cd. quattordicesima. Sulle pensioni ai superstiti si ipotizza, del resto, l’intervento più pesante. La normativa attuale prevede, infatti, comunque l’erogazione della prestazione nei confronti del superstite a prescindere dal reddito del beneficiario. In particolare se il reddito del superstite splafona cinque volte il trattamento minimo Inps (circa 2.500 euro al mese lordi) la pensione al superstite viene abbattuta del 50% dell’importo base spettante (il 60% in caso di concorso del solo coniuge, l’ipotesi più frequente) lasciando quindi al beneficiario un importo pari al 30% della prestazione erogata al deceduto. Con la revisione dei criteri per la concessione della prestazione chi ha redditi (considerati ai fini Isee) superiori ad una determinata soglia (che il Governo non ha chiaramente indicato) potrebbe perdere del tutto l’erogazione della prestazione”.
Ci sono diversi dubbi sull’interpretazione del cumulo dei redditi da lavoro con le novità introdotte con l’opzione donna. Infatti, nel momento in cui è stata previsto l’inserimento nell’opzione donna il Governo non ha delineato in maniera chiara e netta cosa accade in ottica cumulo per le donne che decidono di avvalersi di questa possibilità ed uscire in anticipo dal mondo del lavoro con la pensione liquidata con il sistema contributivo (il vincolo è di 57 anni e 3 mesi e 35 anni di contributi). Insomma, non si conosce con esattezza che cosa accade in questo caso o quanto meno se ci si volesse attenere alla normativa, si potrebbe concludere che le lavoratrici che fruiscono dell’opzione donna non possono cumulare la pensione con reddito da lavoro. Ma sarà effettivamente così?
E’ stata confermata, dalla Legge di Stabilità, la possibilità di proseguire la sperimentazione dell’opzione donna oltre il 2015: la proroga nel 2016 è però legata risorse risparmiate sui fondi stanziati dal Governo. E’ quanto riportato da PensioniOggi.it: “L’opzione donna può essere esercitata da tutte le lavoratrici nate entro il 30 settembre 1958 (se dipendenti, anche del pubblico impiego) oppure entro il 30 settembre 1957 se autonome a condizione di avere almeno 35 anni di contributi entro il 31.12.2015”. Si chiude così la diatriba tra le lavoratrici e l’Inps ed il Mef: il contenzioso riguardava il “termine finale del regime sperimentale che aveva escluso le lavoratrici che avevano maturato i requisiti nel corso del 2015 le cui domande di pensionamento erano rimaste, pertanto, sospese dall’Inps”. Ora “per la proroga il Governo ha indicato un onere di circa 2,5 miliardi di euro stimando in 36mila da qui al 2022 il numero delle lavoratrici che decideranno di ricorrere a questo canale di pensionamento”.
Il Governo Renzi festeggia oggi due anni di vita e il Premier, attraverso la sua pagina Facebook, ha deciso di celebrarlo presentando 24 slide con i risultati ottenuti in altrettanti mesi di governo e ponendo agli italiani una domanda: “Qual è per voi la priorità? Qual è secondo voi la riforma più urgente, adesso?”. Tra i diversi commenti non manca chi segnala la necessità di intervenire sulle pensioni, come tra l’altro promesso da tempo dall’esecutivo. Il sito de La Stampa ha deciso di lanciare un sondaggio proprio sul tema della riforma ritenuta più urgente dagli italiani e “il taglio delle tasse” si trova in testa con il 18% delle preferenze, davanti alla “Lotta all’evasione fiscale” (16%). La riforma delle pensioni è al quarto posto con l’8%, dietro all’abolizione dei vitalizi dei politici (12%) e agli interventi per il lavoro (10%). Ricorderete forse le polemiche generate dal ritardato pagamento delle pensioni di gennaio dovuto al fatto che il 1° del mese cadesse di venerdì. Beh, sembra che dall’anno prossimo i ritardi saranno la “norma”. Libero riporta infatti la notizia secondo cui dal 2017 il pagamento della pensione avverrà “il secondo giorno bancabile di ciascun mese”. Ciò vuol dire che nel caso ci fosse di mezzo un festivo, come avvenuto proprio all’inizio dell’anno, non ci sarebbe da attendere un giorno in più rispetto alla situazione attuale. Secondo Massimo Cammarota, avvocato di Roma contattato dal quotidiano milanese, la decisione assunta dal Governo permetterà all’Inps di racimolare un po’ di risorse.
Per chi spera in una modifica della Legge Fornero arriva una buona notizia. Roberto Occhiodoro, uno dei promotori del gruppo “Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti”, ha infatti scritto in un post su Facebook che giovedì 18 febbraio, giorno della manifestazione a Roma del suo gruppo, ha avuto modo di incontrare l’Onorevole Titti Di Salvo, membro della commissione Lavoro della Camera, la quale ha riferito che la riforma della legge Fornero è nell’agenda politica anche del Governo. Certo, questo non vuole dire che per forza si arriverà alla flessibilità immaginata da Cesare Damiano, ma si tratta pur sempre di una conferma di una volontà messa più volte in dubbio in passato. Vedremo se ora l’esecutivo prenderà qualche impegno specifico.
Al via domani l’iter parlamentare sulla Legge Delega sulle norme per il contrasto della povertà. Il governo ha approvato a gennaio il disegno di legge che sarà ora all’esame delle Commissioni lavoro e Affari sociali della Camera dei Deputati. Secondo quanto riportato da PensioniOggi “il disegno di legge attribuisce al Governo la Delega a rendere strutturale il SIA, il Sostegno all’inclusione attiva, per le famiglie numerose legandolo alla stipula di un patto di servizio personalizzato con i servizi sociali e, in particolare, ad una razionalizzazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali legate alla prova dei mezzi. Che dovranno essere concesse sulla base dell’Isee del nucleo familiare e non più, come accade attualmente, sui redditi Irpef del beneficiario”.
La riforma delle pensioni è sempre in testa a discussioni, critiche e polemiche riguardo un tema che purtroppo ancora non riesce ad essere risolto all’interno dell’economia del Paese: è di questa mattina la notizie della lettera inviata al governo dalle tre sigle sindacali confederali più importanti dove viene sostanzialmente chiesto di mettere un tetto alla contribuzione per l’accesso alla pensione anticipata. Grazie a PensioniOggi sappiamo anche il contenuto della lettera scritta anche dai responsabili della Cgil: al governo Renzi, la leader Susanna Camusso scrive dando un giudizio simile alle altre sigle chiedendo però di porre accento nelle scelte future pensionistiche di donne e sopratutto lavoratori precoci, ferrovieri e lavori usuranti, ovvero categorie che non sono state considerate a sufficienza dalla Riforma del 2011. Nel proprio documento la Cgil ribadisce la necessità di un ingresso alla pensioni con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica e senza alcuna penalizzazione come prevede il disegno di legge Damiano n°857 che si sta discutendo in Parlamento.
Le ultime ipotesi di intervento sulle pensioni di reversibilità hanno riportato negli ultimi giorni alla ribalta il dibattito sulla previdenza italiana e su L’Opinione è comparso un articolo di Claudio Romiti, che ricorda come nel 2014 le pensioni erogate siano state pari a 277 miliardi, con un’incidenza sul Pil pari al 17,17%, pari a circa il doppio della media dei Paesi Ocse. “Di fronte a questi numeri catastrofici, messi quotidianamente a repentaglio dai professionisti dell’irresponsabilità collettiva, come l’instancabile Cesare Damiano, sempre pronti a trovare varchi per nuovi imbarchi di pubblici assistiti, dovremmo essere tutti preoccupati e fare ogni sforzo per contribuire alla sostenibilità di un sistema che funziona come una bomba ad orologeria”, scrive Romiti. Secondo cui non si può continuare a cercare il consenso con proposte di flessibilità pensionistica “sulla pelle delle nuove generazioni”. “Abbiamo le più alte aliquote contributive del mondo, che continuano a lievitare in ogni comparto economico e professionale, le quali rappresentano per la maggioranza delle nostre attività private la voce più cospicua di un prelievo tributario allargato insopportabile”, ricorda ancora Romiti, secondo cui c’è un “partito unico dei pensionati” che non sembra affatto curarsi di tutto questo, “invocando pasti gratis per tutti”. Parole molto dure, che mostrano quindi come non tutti siano d’accordo con l’ipotesi di rendere più flessibile il sistema previdenziale.