Ieri l’Istat ha pubblicato il Rapporto sulla competitività dei settori produttivi. Quello che maggiormente colpisce è il giudizio che le imprese danno sulle misure adottate dal governo (Jobs Act ed esoneri contributivi). In entrambi i casi, il giudizio è positivo, ma tra i due sono gli sgravi ad attrarre maggiormente alle imprese: se infatti il Jobs Act piace al 49% degli imprenditori, gli sgravi arrivano al 61%.Insieme a questo primo dato emerge anche la lentezza nella ripresa delle assunzioni: fortunatamente sono diminuite le ore di cassa integrazione, ma i posti di lavoro aumentano troppo lentamente, in particolare per quanto riguarda il settore manifatturiero.
Il fatto che le imprese siano sensibili maggiormente agli sgravi fiscali piuttosto che alle tutele crescenti fa capire quanto la difesa dell’articolo 18 fosse una battaglia di retroguardia, mentre l’eccessiva lentezza con cui il mercato del lavoro sta ripartendo mostra quanto alle imprese manchi la fiducia per fare il passo necessario per far risalire i livelli occupazionali.
Con realismo bisogna quindi difendere tutti quegli strumenti che contribuiscono ad aumentare la fiducia, da questo punto di vista l’azione del governo di diminuire il costo del lavoro, anche se non totalmente sufficienti. Insieme a questa, però, bisogna implementare ulteriori mosse e tutte le parti della società civile devono contribuire a sostenere la ripresa, in prima istanza della fiducia. La ripresa è un fatto, è lenta ma è presente, e non possiamo permetterci di perdere questo treno: opporsi a questi strumenti sarebbe un errore imperdonabile, non possiamo permetterci di fare i puri in una situazione emergenziale come questa. Dunque, qualsiasi azione messa in campo che va in questa direzione, anche se a tempo determinato, è necessaria e benvenuta.
Per contribuire in questa impresa oggi le Parti sociali hanno un’occasione unica: il rinnovo dei contratti collettivi nazionali. Per creare fiducia non bastano infatti proclami e tweet, ma bisogna adottare misure concrete. Per far ripartire l’occupazione è necessario che ripartano prima i consumi e per questo bisogna sostenere la domanda attraverso un aumento dei salari. E in una situazione come quella attuale è necessario recuperare la contrattazione di secondo livello.
In altri termini: va benissimo che il terziario tenga botta, anzi che si sviluppi, ma non si può fare a meno del manifatturiero. Si rinnovino i contratti, si taglino i costi del lavoro, si presentino progetti di sostegno alla ripresa industriale. Il resto è fumo e nebbia.