Ai lavoratori precoci arriva un altro importante sostegno da parte di Ivan Pedretti. Nel corso della trasmissione Mi Manda Rai 3, dove era presente anche Paola Ballarin, lavoratrice precoce, il Segretario generale dello Spi-Cgil ha infatti detto che la proposta Damiano che prevede una flessibilità in uscita con 41 anni di contributi è senz’altro un buon punto di partenza per consentire a chi ha iniziato a lavorare in giovane età, magari svolgendo lavori molto faticosi, di poter accedere alla pensione. Per il sindacalista occorre in generale mettere mano alla Legge Fornero, perché ha provocato non pochi problemi sociali, come mostra il caso degli esodati. Per i lavoratori precoci arriva una conferma: la riforma delle pensioni che contenga Quota 41 si può realizzare. Anzi, secondo Davide Tripiedi si potrebbe andare in pensione anche dopo 40 anni di contributi. Dopo aver scritto su Facebook che è un diritto andare in pensione per coloro che hanno lavorato per 40 anni, perché se le sono guadagnato e perché consente un ricambio generazionale nel mercato del lavoro, il deputato del Movimento 5 Stelle ha spiegato in un’intervista a BlastingNews che la flessibilità pensionistica costa circa 4 miliardi l’anno e considerando i soldi spesi per decontribuzione dei contratti a tutele crescenti, per le sette salvaguardie degli esodati e per Opzione donna le risorse si potrebbero trovare facilmente per i lavoratori precoci. Il punto è per scelta politica si decide di fare diversamente.
Una riforma delle pensioni che inserisca la flessibilità in uscita costa 1,5 miliardi nel 2017. Lo ricorda la Lega Nord a nome di Roberto Simonetti e Massimiliano Fedriga, rispettivamente Segretario della commissione Lavoro della Camera e Capogruppo a Montecitorio del Carroccio. La cifra è stata calcolata dall’Inps e sembra “più che mai ragionevole e sostenibile, considerato che il governo ha redatto una legge di stabilità da 35 miliardi e ha, per esempio, speso 10 miliardi per i famosi 80 euro in busta paga. Quindi, se veramente c’è la volontà di fare questa legge, si può fare, si legge in una nota, che segnala quindi come non ci siano scuse per Renzi per non mettere mano alla riforma Fornero.
Dalla Liguria arriva una notizia che potrà essere molto utile a tutti i pensionati italiani. Con la campagna “Diritti inespressi”, infatti, lo Spi-Cgil è riuscito a far recuperare a 1.240 cittadini genovesi ben 940.000 euro complessivi cui avrebbero avuto diritto, ma che l’Inps non ha loro erogato perché non esplicitamente richieste. Il punto è che spesso i pensionati non sanno che alcune integrazioni al reddito, specie gli assegni famigliari, non vengono automaticamente inseriti nella pensione, ma devono essere richiesti all’Inps. “La metà dei pensionati a Genova ha una pensione da lavoro inferiore ai mille euro e in molti casi, se per esempio ha un coniuge a carico, un familiare disabile o ancora vive sola ma è disabile, ha diritto agli assegni familiari. Ma occorre farne richiesta esplicita per recuperare anche gli arretrati fino a 5 anni”, ha spiegato Paola Repetto, segretaria generale dello Spi-Cgil del capoluogo ligure.
Le parole di Tommaso Nannicini hanno riacceso il dibattito sulla riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità. Il Sottosegretario ha fatto presente come, nell’individuare la concreta via per questo obiettivo, peseranno i costi necessari a realizzarla. E Cesare Damiano ha voluto subito ricordare che la sua proposta di legge, depositata già nel 2013 con i colleghi di partito Baretta e Gnecchi, non comporti costi, o comunque ne richieda di minimi. Parlando alla trasmissione Coffe Break su La 7 l’ex ministro ha ricordato che anticipando l’età pensionabile a 62 anni e 7 mesi (avendo almeno 35 anni di contributi) con una penalizzazione dell’8% si avrebbe un costo iniziale, ma anche 20 anni di risparmio. Dunque il Presidente della commissione Lavoro chiede un confronto con il Governo per dimostrare, conti alla mano, che il costo della pensione anticipata può essere coperto nei 20 anni successivi grazie ad assegni più bassi per via della penalizzazione.
Tito Boeri lancia un messaggio rassicurante e uno preoccupante per gli italiani. Ha detto infatti che le pensioni degli italiani sono al sicuro, qualunque cosa succeda all’Inps. “Se anche l’Istituto dovesse fallire, e non sta avvenendo, avranno comunque le loro pensioni e le loro prestazioni essendo queste erogate sulla base della legge”, ha detto davanti alla Commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali. Boeri ha tuttavia lanciato un allarme sul fatto che negli ultimi tre anni il personale dell’Inps è sceso del 10% e le previsioni per il futuro fanno intravvedere sempre meno organico. Cosa che “compromette sempre di più la qualità dei servizi”. Boeri chiede quindi che si faccia qualcosa per sbloccare il turnover e consentire l’inserimento di risorse giovani e fresche nell’Inps.
In questi giorni è tornato ad essere di grande attualità il tema della flessibilità con il Governo presieduto da Matteo Renzi che ha fatto sapere come la questione pensioni verrà affrontata nella prossima legge di stabilità ed ossia quella per il 2017. Una notizia salutata non benissimo da quanti da tempo stanno facendo pressioni per ottenere delle regole che permettano di uscire anzi tempo dal mondo del lavoro. Un argomento che viene affrontato nelle puntata in onda questa mattina alle 10,00 dalla trasmissione Mi manda Rai Tre, in onda ovviamente sul terzo canale Rai per la conduzione di Elsa di Gati. Una puntata nella quale con l’ausilio di tantissimi ospiti si cercherà di capire cosa blocca la riforma delle pensioni con tanto di sondaggio online per permettere agli utenti di dire la propria.