Anche in questa settimana, alcune questioni relative al mondo previdenziale continuano ad essere al centro del dibattito pubblico ed in particolare con il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo che ha voluto commentare le proposte avanzate dal Ministro del Lavoro Giuliano Poletti in tema di lotta alla povertà e di pensioni. Barbagallo ha avuto parole positive nei riguardi della proposta di Poletti relativa all’assegno a favore dei poveri di circa 320 euro al mese per un anno per circa un milione di italiani. Positivo anche il commento nei riguardi della proposta di maggiore flessibilità per rendere più semplice l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
Dopo la manifestazione di sabato a Bologna, Roberto Occhiodoro, uno dei membri più attivi del gruppo Facebook Lavoratori precoci uniti a tutela dei propri diritti, ha scritto un post per ribadire le 4 “parole d’ordine” da far sentire al mondo politico. La prima è “quota 41”, ovvero la possibilità di andare in pensione dopo 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età e senza penalizzazione. Poi si chiede una giusta flessibilità in uscita dal mondo del lavoro, per aiutare anche i giovani. Quindi l’abolizione o la revisione della regole sull’adeguamento dei requisiti pensionistici all’aspettativa di vita. Infine, un no “assoluto e definitivo” al sistema contributivo, che condanna i giovani a pensioni molto basse una volta in quiescenza.
In attesa di una riforma delle pensioni, i dati che arrivano su quelle erogate non sono promettenti, anche in una regione non “povera” come il Veneto. Il locale Spi-Cgil ha infatti elaborato i dati Inps facendo emergere che le pensionate residenti nella regione percepiscono nella quasi metà dei casi meno di 1.000 euro al mese. Il 10% addirittura ne prende meno di 500. Una situazione che per gli uomini è diversa, perché solo uno su quattro incassa meno di 1.000 euro. Anche nel resto d’Italia il divario tra uomini e donne sulle pensioni è piuttosto evidente. Questi dati, secondo Rita Turati, Segretario generale dello Spi Veneto, devono spingere a una riforma delle pensioni che riconosca alle donne contributi figurativi per i periodi di maternità o di cura per i familiari con gravi patologie o disabilità.
Come si sa, il 2016 non ha portato buone nuove per chi andrà in pensione, dato che i coefficienti di trasformazione, che servono a calcolare l’importo degli assegni, sono stati ridotti. Il CorrierEconomia di oggi ricorda che confrontando i coefficienti previsti nel 1995 con quelli di quest’anno, il valore che si trovava allora per i 65 anni (6,13%) oggi lo si ritrova a 69 anni. “È come dire che nei confronti di Tizio che è andato in pensione nel 2009, Caio, a parità di condizioni, per ottenere la stessa rendita oggi deve lavorare quattro anni in più”, è scritto nell’articolo di Domenico Comegna.
Dopo la manifestazione di Bologna tenutasi sabato, uno dei lavoratori precoci ha scritto a Matteo Renzi. Oltre a informarlo del fatto che era stato invitato anche il ministro Poletti, il mittente ha tenuto a evidenziare al Premier che in piazza del Nettuno c’erano anche alcuni giovani a sposare la causa di “Quota 41”. Nella lettera c’è poi anche una sorta di “accusa”. “Ho letto che sarebbe l’Europa che pone il veto alla quota 41 e che lei, nella sua immensa benevolenza, sta litigando per questo. Ma lei conosce i costi della modifica da noi richiesta?”, è scritto nel messaggio. La risposta per lo scrivente è “zero” e ricorda al Premier che Cesare Damiano sta cercando di spiegarglielo da tempo, “ma lei non vuole ascoltare, quindi cosa se ne deduce? Se ne dovrebbe dedurre che lei non ha scientemente informato l’Europa di questo, poiché è inspiegabile altrimenti, che l’Europa possa porre veti a riforme a costo zero. Allora delle due l’una: o lei ha taciuto, o lei non ha capito. E sono ambedue molto gravi!”.
Mentre questa mattina era uscita la proposta da inserire nella possibile Riforma delle Pensioni 2016 che riguardava il computo della gestione separata con uscita a 63 anni e 7 mesi (per i dettagli potete leggere qualche riga più sotto), ora passiamo al vaglio chi potrebbe realmente usufruire di questa “scorciatoia” scoprendo che di fatto le condizioni sono molte restrittive. A dove verificare la posizione assicurativa della propria persona sono quei lavoratori con alte o altissime carriere retributive, legate magari ad incarichi da dirigenti, che intorno alla metà degli anni ’90 hanno magari perso il lavoro dopo diversi anni di versamenti ed hanno avviato un’attività in proprio iscrivendosi alla gestione separata. Pensioni Oggi mostra sul proprio sito online un esempio del genere: dirigente nato nel 1953, perde lavoro nel 1995 con 17 anni di contributi e dopo 10 anni di versamenti in una cassa professionale, si è iscritto nel 2007 alla gestione separata ragguagliando così i 5 anni di contributi nel 2013. In un caso del genere, vantando di fatto 23 anni di contribuzione totale potrà uscir nel 2016 all’età di 63 anni e 7 mesi con assegno superiore a 1250 euro.
Diciamo che è uno dei capitoli più spinosi della Riforma Pensioni, anche se rimane ancora complesso capire come muoversi a livello di normative: con un post su Pensioni Oggi si prova a spiegare nel dettaglio come poter andare in pensione a 63 anni e 7 mesi utilizzando la facoltà di computo della gestione separata; la circolare Inps numero 184 pubblicata di recente spiega i contorni applicativi di un beneficio riscoperto di recente da alcuni lavoratori. Il computo di fatto è un istituto che consenti agli iscritti alla gestione separata che possono far valere periodi contributivi presso l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti, le forme esclusive e sostitutive della medesima. Le gestioni pensionistiche dei lavoratori autonomi potremmo sommare gratuitamente i contributi di fatto con quelli versati dopo il 1995 nella gestione dei parasubordinati con l’obiettivo di accedere alla pensione anticipata a carico della gestione separata. Percorso irto, ma comunque possibile: per tutte le informazioni, collegarsi al sito online dell’Inps per visionare tutti i vari casi esclusivi.
La manifestazione di ieri a Bologna dei lavoratori precoci sembra essere stata una buona prova di quello che si potrebbe vedere a Roma il 18 febbraio, in piazza Montecitorio. Le immagini scattate da chi era presente in piazza mostrano che a fianco di chi chiedeva “Quota 41” c’erano signore che manifestavano per chiedere la proroga al 2018 di Opzione donna. Le due “battaglie” potrebbero quindi incrociarsi e se i due gruppi unissero le forze la loro voce potrebbe essere più forte. Anche perché in piazza del Nettuno c’era una giornalista della trasmissione diMartedì. Questo vuol dire che la settimana prossima si tornerà a parlare di questo evento su La7 e dunque le istanze sorte in piazza avranno un importante “megafono mediatico” nella televisione.
Un’amplificazione che potrebbe essere utile in vista del 18 febbraio, quando, come si diceva, si terrà una manifestazione a Roma per sensibilizzare i parlamentare di tutti gli schieramenti a prendere provvedimenti per i lavoratori precoci. Non è escluso a questo punto che a loro possano unirsi i gruppi per la proroga di Opzione donna e che la “solidarietà” di qualche politico (ce ne sono alcuni che da tempo si battono per una riforma delle pensioni) dia nuovamente la possibilità di avere un’ampia “vetrina” mediatica. A seconda poi di quante persone ci saranno in piazza potrà essere più difficile per il Governo “ignorare” le loro richieste.