«Entro la fine dell’anno con la legge di stabilità avremo la riforma delle pensioni che anticipa di quattro anni l’uscita dal lavoro a costo zero per le casse dello Stato». Lo rimarca Cesare Damiano (Pd), Presidente della commissione Lavoro della Camera ed ex ministro del Welfare. La modifica della legge Fornero sulle pensioni è stata più volte annunciata e poi smentita da vari esponenti del governo. Nell’attuale fase però la priorità sembra essere un nuovo taglio delle tasse, con l’aumento dell’Iva congelato per tre anni, la riduzione dell’Ires per 4 punti percentuali e un calo dell’Irpef. Difficile quindi trovare altre risorse per le pensioni anche se, come garantisce Damiano, «i costi che la mia proposta comporterebbe nei primi quattro anni sarebbero poi compensati da risparmi nei successivi 20 anni».



Presidente, le proposte per introdurre la flessibilità pensionistica sono cadute nel dimenticatoio? Noi abbiamo incardinato in commissione Lavoro alla Camera la mia proposta di legge, numero 857, che prevede la flessibilità pensionistica. L’ho firmata insieme all’onorevole Maria Luisa Gnecchi. Stiamo facendo i conti attraverso alcuni confronti avuti con Inps e ministero del Lavoro. Intendiamo procedere con la proposta di anticipare di almeno 4 anni l’uscita dal lavoro rispetto agli attuali 66 anni e 7 mesi, portandola quindi a 62 anni e 7 mesi.



Perché volete cancellare la legge Fornero? Noi non vogliamo cancellare la legge Fornero ma correggerne gli errori, uno dei quali è l’assenza di gradualità nel passaggio dal vecchio al nuovo regime. Quest’ultimo accanto agli esodati sta creando nuovi poveri. Ci sono i lavoratori che perdono la loro attività dopo i 60/61 anni di età e devono aspettare 5/6 anni per andare in pensione.

L’Inps ha detto che la sua legge costerà 3 miliardi l’anno. Ci saranno le risorse, dal momento che il governo intende introdurre un nuovo taglio delle tasse? È pur vero che i primi 4 anni dall’entrata in vigore della legge 857 comporteranno un costo, in quanto sarà necessario anticipare la pensione. Questo esborso sarà però compensato dal risparmio nei successivi 20 anni, tra i 66 e gli 86 anni di età, pari cioè alla media dell’aspettativa di vita uomo/donna. In questo modo infatti avremo un assegno più basso per sempre.



Per quale motivo? L’assegno è più basso perché si anticipa l’uscita di quattro anni e quindi ci sono quattro anni in meno di contributi pagati. Ma soprattutto noi proponiamo che l’assegno ottenuto con l’uscita anticipata sia tagliato dell’8%, vale a dire del 2% per ciascun anno di anticipo. Se noi confrontiamo i quattro anni di costo con i 20 di risparmio ottenuti grazie all’assegno più basso, scopriamo che abbiamo un equilibrio nei conti.

Intanto però la riforma continua a slittare di mese in mese. La politica sta prendendo in giro gli italiani?

Io parlo con i risultati. La commissione Lavoro dal 2012 in poi ha strappato ai governi sette salvaguardie e 11 miliardi e 600 milioni di euro, nonché un fondo nel quale depositare queste risorse. Nell’ultima Legge di stabilità abbiamo salvaguardato altri 30mila esodati e 36mila donne di Opzione Donna per le quali abbiamo fatto stanziare al governo 2 miliardi e mezzo di euro.

Quando avremo la flessibilità pensionistica?

Sulla flessibilità il premier ha dovuto dire, e lo ha ribadito il sottosegretario alla presidenza del consiglio Nannicini, che la prossima legge di stabilità varata nel corso di quest’anno dovrebbe essere l’occasione per affrontare il tema. Scorciatoie non ce ne sono, in politica purtroppo i processi sono lenti. Ma noi abbiamo già alle spalle dei grandissimi risultati. Abbiamo quasi del tutto svuotato il serbatoio degli esodati: ne restano 24mila non salvaguardati a fronte di 172mila che hanno risolto o risolveranno nei prossimi anni il loro problema.

La Legge di stabilità è l’ambito adeguato per una riforma delle pensioni?

Quello che a noi interessa è arrivare a destinazione, poi se prendiamo un autobus o un tram cambia poco.

 

(Pietro Vernizzi)