È la sera del 19 marzo 2002 (ormai ben 14 anni fa), poco dopo le ore 20, quando il professor Marco Biagi viene crudelmente ucciso a bordo della sua bici con la quale aveva appena percorso il tratto di strada che separava la sua abitazione di via Valdonica dalla Stazione di Bologna. Solo pochi minuti prima il giuslavorista era, infatti, sceso dal treno che, come tutte le sere, da Modena (dove era docente alla facoltà di Economia) lo aveva riportato nella sua città.



Dopo, tuttavia, quasi tre lustri gli amici, i colleghi e chi, pur senza averlo conosciuto, continua a portare avanti i suoi insegnamenti hanno organizzato oggi, come purtroppo ormai tutti gli anni, a Roma, presso il Senato della Repubblica, un convegno in sua memoria che si propone di riflettere sul tema di come “Costruire insieme il futuro del lavoro” e su quale contributo può dare la persistente attualità della visione e del metodo del Professor Biagi.



Parteciperanno, tra gli altri, al dibattito Tommaso Nannicini, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e “capo” del team economico del Governo Renzi, Maurizio Sacconi, Presidente dell’Associazione Amici di Marco Biagi, già Ministro del Lavoro nonché attualmente Presidente della Commissione Lavoro del Senato ed Emmanuele Massagli, Presidente di Adapt, l’associazione senza fini di lucro fondata proprio da Marco Biagi nel 2000 per promuovere, in un’ottica internazionale e comparata, studi e ricerche di lavoro. 

Porterà, quindi, i saluti conclusivi, e consegnerà i Premi Marco Biagi (giunti alla tredicesima edizione) per il 2016 destinati alla migliore tesi di laurea, e alla migliore tesi di dottorato, in materia di diritto del lavoro e relazioni industriali, il Ministro del Lavoro, anch’egli emiliano come il professore, Giuliano Poletti.



Un ministro che già in altre occasioni ha avuto modo di sottolineare come, a suo modo, uno dei più importanti insegnamenti che Biagi ci ha lasciato stia, soprattutto, nel metodo: guardare, insomma, alla sostanza delle cose, guardare i processi e poi verificarne i risultati “de-ideologizzando”, proprio lui che è morto per aver provato a riformarne la regolamentazione, il tema del lavoro.

Un metodo che, secondo Poletti, si ritrova nel percorso che il Governo ha portato avanti con l’approvazione del Jobs Act scommettendo, con forza, su di un sistema costante di monitoraggio dell’efficacia e dell’efficienza delle scelte operate disponibile, nel caso, anche a operare modifiche “in progress”.

L’eredità, però, probabilmente più grande che ci ha lasciato Marco Biagi è l’intuizione, già molti anni fa, di una nuova grande trasformazione del lavoro in corso che, ancora oggi, abbiamo difficoltà a comprendere nelle sue esatte dimensioni. Era, la sua, infatti, una visione, ancora estremamente attuale, di un mercato del lavoro che sarebbe dovuto diventare sempre più inclusivo e più attento ai valori della persona, anche grazie a una maggiore attenzione verso i corpi intermedi e a una regolazione “sussidiaria” dei rapporti di lavoro attraverso la promozione del bilateralismo e della contrattazione collettiva, nazionale ma anche di secondo livello.