Riforma pensioni 2016 “Il brusco innalzamento dei requisiti stabilito con la legge Fornero ha bloccato nelle imprese una parte dei lavoratori che altrimenti sarebbero andati in pensione. Questo blocco ha avuto un effetto molto forte sulle assunzioni dei giovani”. È l’allarme lanciato da Tito Boeri, presidente dell’Inps, in un’intervista pubblicata sabato sul Corriere della Sera. Per Boeri quindi la flessibilità in uscita non è più rinviabile, e comunque nel medio-lungo periodo risulterebbe sostenibile: “All’inizio, pagando più pensioni, aumenterebbe la spesa. Ma poi si recupererebbe perché l’assegno erogato sarebbe più basso”. Ne abbiamo parlato con Nino Galloni, sindaco Inail.
Ritiene che la flessibilità pensionistica sia davvero necessaria per rilanciare l’occupazione giovanile? Io sono d’accordo sul fatto che la gente vada in pensione quando lo desidera. Ovviamente poi questa pensione sarà proporzionata alla quantità dei contributi e anche all’età. Sul piano dell’occupazione giovanile però la flessibilità pensionistica non produrrebbe effetti né positivi, né negativi. A meno che ci sia una valorizzazione delle pensioni che determini una maggiore e migliore domanda dei beni e servizi di qualità. Ciò aiuterebbe la stabilizzazione e l’occupazione giovanile. Implicherebbe però anche un costo dal punto di vista della spesa pubblica, per cui si dovrebbe varare una politica di disavanzo. Se Renzi decide che vada fatto maggior deficit si può trovare la quadra.
Con la proposta di Cesare Damiano si andrebbe prima in pensione, ma con un assegno più basso… Certamente, e questa è una cosa su cui stanno convergendo i sindacati e la sinistra. Da un lato questa penalizzazione non deve essere eccessiva, se si vuole un effetto macroeconomico positivo sull’occupazione e sulla domanda. Dall’altro se la penalizzazione è troppo bassa aumenta il disavanzo o in alternativa le tasse.
Il ministro Poletti però ha rimarcato: “Dobbiamo trovare i soldi, avere il via libera dell’Europa, individuare una soluzione che non penalizzi i più deboli”. Ci sono queste tre condizioni? Quella del ministro Poletti è una dichiarazione giustissima nelle sue tre proposizioni. Però bisogna concretizzarla con le relative cifre. Quanto si vogliono penalizzare i nuovi pensionati con meno contributi e con meno anzianità? Quanto è disposta l’Europa ad accettare una riforma che va in parte nella direzione opposta rispetto alla Legge Fornero? Personalmente spingerei abbastanza sulla flessibilità. Ma questo non lo può decidere nemmeno il ministro del Lavoro, bensì un consesso politico in grado di raggiungere un accordo con l’Europa. Poi bisognerà vedere le reazioni dei mercati.
Secondo lei l’Europa come potrebbe reagire? Al momento questa Europa reagirebbe malissimo, a meno che la penalizzazione sia particolarmente forte. L’Ue e i mercati speculativi internazionali risponderebbero negativamente se si dimostrasse che l’operazione farà aumentare la spesa pubblica aggregata. Questo ovviamente intendendo sia la parte previdenziale, sia quella relativa alla fiscalità generale.
La flessibilità pensionistica avrebbe degli effetti negativi sui conti pubblici?
In questo momento rischiamo di avere un problema di cassa, in quanto la massa dei contributi che prendiamo è inferiore alla massa delle prestazioni che eroghiamo. Questo problema di cassa fa sì che lo Stato ci debba mettere i soldi: quindi o aumenta il debito pubblico o aumentano le tasse. Se ci fosse una bella ripresa, sarebbe quest’ultima a finanziare una riforma delle pensioni.
Lei come vede l’attuale situazione in cui si inserirebbe una riforma delle pensioni?
Oggi ci troviamo in un contesto opposto rispetto a quello di quando si introdussero i baby pensionati, i prepensionamenti e gli scivoli. Allora c’era una massa di contributi che era superiore a quella delle prestazioni. Oggi invece siccome non è più così, la differenza è pagata dalla fiscalità generale.
E se invece si introducesse una penalizzazione più sostanziosa su chi va in pensione prima in modo da non aggravare il bilancio?
Se la riforma fosse neutrale rispetto ai conti pubblici, l’Europa non potrebbe dirci niente e anche i mercati finanziari non ci penalizzerebbero. A essere penalizzati in questo caso sarebbero però i nuovi pensionati.
(Pietro Vernizzi)