Se c’è chi propone una riforma delle pensioni, c’è anche chi vorrebbe cambiare l’8 per mille, per far sì che possa restare nelle busta paga di lavoratori e pensionati. L’idea arriva da Giuseppe Cianci che sul sito AbcSicilia.com spiega che viste “le numerose vicende giudiziarie che hanno visto coinvolti alti prelati nella gestione dell’8 per mille, tenuto conto che la crisi economica sta rovinando molte famiglie a basso reddito e quelle con pensioni minime” propone appunto di annullare il concordato tra Vaticano e Stato italiano siglato nel 1984 e destinare l’8 mille alla fasce più deboli della popolazione. O in alternativa di lasciare quell’importo nelle buste paga di pensionati e operai. Forse sarebbe meglio fare in modo che gli italiani possano scegliere liberamente a chi destinare l’8 per mille (che finisce anche per aiutare chi una busta paga o una pensione non ce l’ha), che può andare anche allo Stato italiano. E premere su quest’ultimo per abbassare le tasse, lasciando quindi più soldi (magari più dello 0,8%) nelle buste paga di pensionati e operai.



Certo quando si parla di riforma delle pensioni si fa riferimento alla flessibilità o a Quota 41. Ma forse bisognerebbe anche solamente far sì che l’Inps commetta meno errori nell’erogare le pensioni già in essere. Basti pensare che il solo patronato Inca-Cgil a Rimini è riuscito a recuperare più di 500.000 euro, che sono stati così restituiti ai pensionati che hanno deciso di compiere una verifica sulla congruità del proprio assegno pensionistico. Su 1.850 richieste, ben 791 hanno portato al computo di un rimborso, per un ammontare complessivo di 509.150 euro. Meris Soldati e Claudia Cicchetti, rispettivamente Segretario Generale Spi-cgil e Responsabile Patronato Inca, spiegano che da ormai tre anni i pensionati non ricevono più il modello ObisM cartaceo, ma possono verificarlo se registrati sul sito dell’Inps. “Un problema in più rispetto ai tanti che da diversi anni a questa parte pensionate e pensionati sono costretti a subire, tanto che è ormai diventato un pensiero comune che essi siano stati trasformati nel bancomat dove lo Stato preleva senza alcuno scrupolo”, aggiungono.



La puntata di Ballarò del 5 aprile non sarà facile da affrontare per Giuliano Poletti. A quanto hanno riferito i lavoratori precoci sui loro gruppi Facebook, il ministro del Lavoro quel giorno dovrebbe essere ospite della trasmissione, che ha quindi deciso di dar la possibilità a chi chiede da tempo di approvare Quota 41 di confrontarsi con il membro del Governo che si occupa di tempi previdenziali. Ma oltre ai lavoratori precoci ci saranno anche le italiane che stanno chiedendo la proroga di Opzione donna. Sul gruppo Facebook Opzione donna Proroga al 2018 è infatti riportata la notizia che delle rappresentanti del Comitato avrebbero dovuto prendere parte alla puntata di questa settimana, la quale è stata però alla fine dedicata agli attentati di Bruxelles. Anche i lavoratori precoci dovevano essere presenti. Da qui il nuovo appuntamento del 5 aprile, dove a questo punto saranno presenti anche le italiane che chiedono la proroga di Opzione donna.



Per i pensionati non arrivano buone notizie. Stefano Biasoli su Formiche.net spiega infatti che la Corte dei Conti di Venezia ha respinto il ricorso presentato da 86 pensionati ex Inpdap (ora Inps) per la mancata piena rivalutazione dei loro assegni a seguito del “bonus Poletti” con cui il Governo Renzi ha fatto fronte alla sentenza della Corte Costituzionale che aveva dichiarato illegittimo il blocco delle indicizzazioni deciso da Monti nel 2011. La Corte dei Conti in particolare ritiene che la legge 109/2015 (quella relativa al bonus Poletti) sia rispettosa del verdetto della Consulta. Tuttavia Biasoli ricorda che sarà la stessa Corte Costituzionale a doversi pronunciare sulla costituzionalità della norma su input della Corte dei Conti della Calabria. Dunque una battaglia è stata persa, ma la “guerra” legale è tutt’altro che chiusa. 

In attesa di capire se ci sarà quest’anno una riforma delle pensioni, Tito Boeri ha annunciato da alcuni giorni che ad aprile l’Inps invierà a 7 milioni di italiani la busta arancione contenente la simulazione della pensione che riceveranno. Un’operazione che non tutti hanno accolto con favore e che sembra i cittadini non abbiano recepito. Infatti durante la puntata di Mi Manda Rai 3 in onda ieri, è stato mostrato il risultato di un sondaggio condotto sul sito della trasmissione. Ai navigatori si segnalava appunto il prossimo arrivo delle buste arancioni e le tre opzioni di risposta erano: che cos’è?; la aspettate?; la temete?. Ebbene, il 41,67% delle risposte mostra che non si sa cosa sia la busta arancione. Solo il 33,33% la sta aspettando. E il 25% la teme. A quest’ultimo proposito c’è da dire che le critiche alla scelta di Boeri erano legate proprio al fatto che la simulazione potrebbe contenere un importo inferiore a quello atteso dai cittadini e in certi casi non essere nemmeno troppo affidabile, specie se il destinatario è ancora lontano dall’età pensionabile.

Nonostante il Governo Renzi abbia più volte, nel corso delle ultime settimane, ribadito come non vi siano spazi di manovra per arrivare alla tanto desiderata flessibilità, i sindacati non si arrendono ed anzi sono pronti a presentare una proposta unitaria in ottica previdenziale. Nel corso della prossima manifestazione prevista per il giorno 2 aprile, i sindacati presenteranno un articolato documento dove verranno toccati diversi argomenti. Tra i punti di maggiore interesse c’è la richiesta di permettere l’uscita dal mondo del lavoro a partire dai 62 anni di età con la flessibilità, una nuova salvaguardia per chiudere una volta per tutte la vicenda degli esodati, il superamento dell’attuale meccanismo che permette la ricongiunzione onerosa dei contributi ed una forma di tutela per quanti si occupano di accudire familiari con gravi disabilità.