Come noto, nei giorni scorsi era emersa l’ipotesi di un intervento sul cuneo fiscale da parte del Governo. Un provvedimento che lascerebbe più soldi in busta paga ai lavoratori, sgravando anche le imprese di una parte dei costi del lavoro, ma che potrebbe avere conseguenze non indifferenti sulle pensioni. Secondo uno studio della Uil, tagliare il cuneo di sei punti percentuali (tre a carico del lavoratore e tre a carico dell’impresa) potrebbe portare a perdere circa 298 euro al mese nell’assegno pensionistico dopo 35 anni di contributi, mentre la perdita arriverebbe a 412 euro nel caso di 43 anni di contribuzione. Ovviamente la “penalizzazione” riguarderebbe i giovani. Anche Carmello Barbagallo torna a insistere sulla riforma delle pensioni, che il Governo Renzi dovrebbe attuare al più presto. Certo però, ha spiegato il numero uno della Uil, senza eccessive penalizzazioni per chi dovesse andare in pensione anticipata, dato che non si può pensare di far pagare solamente ai lavoratori stessi il costo della loro messa in pensione anticipata. Barbagallo ha anche ricordato l’importanza di Quota 41 per i lavoratori precoci, condivisa dagli altri sindacati confederali. E ha ribadito che la flessibilità pensionistica è uno strumento che può permettere ai giovani di avere più opportunità lavorative. 



I lavoratori precoci hanno deciso di tornare a far sentire la loro voce. Uno di loro ha scritto su Facebook una lettera aperta ai politici chiedendo come mai Governo e Parlamento non abbiano le idee chiare sul da farsi in tema di pensioni. Infatti ci sono continue dichiarazioni contrastanti da parte dell’esecutivo sul tema. Specie per quel che riguarda i lavoratori precoci. Poletti, per esempio, ha detto di aver a cuore il loro problema, ma il ministro ha poi sottolineato che l’Europa “ci vieta la flessibilità”. Il lavoratore precoce se la prende anche con Emiliana Alessandrucci, Presidente del Colap, che aveva proposto di mandare in pensione i lavoratori precoci con un ricalcolo contributivo del loro assegno. Nella lettera viene quindi ribadito che i lavoratori precoci vogliono la Quota 41 per poter andare in pensione, indipendentemente dall’età e senza penalizzazioni, dopo aver versato 41 anni di contributi. 



Susanna Camusso torna a criticare il sistema pensionistico italiano, spiegando che dopo la Legge Fornero “è insostenibile”, dato che non dà prospettive ai giovani e che non è ragionevole pensare che si possa lavorare anche più di 40 anni solo perché si è iniziato in età molto giovane per poter accedere alla pensione. Il Segretario generale della Cgil è stata protagonista di Checkpoint, in onda su Tgcom, e ha evidenziato le tante ragioni per cui occorre procedere a una riforma delle pensioni. Vedremo se il Governo darà risposte alle richieste sindacali, dato che oltre alla Cgil anche Cisl e Uil chiedono da tempo modifiche alla Legge Fornero. 



In Italia in queste settimane si sta discutendo lungamente sulle possibilità di poter prevedere una norma ad hoc che permetta ai lavoratori di andare in pensione in maniera anticipata a fronte di alcune penalizzazioni in termini di importo mensile. Il Governo ha già fatto sapere che la questione non può essere trattata nell’immediato per cui l’uscita anticipata sembra rimanere una chimera. Tuttavia nella Legge Fornero del 2011 fu inserita una regola che permette la pensione anticipata all’età di 63 anni e 7 mesi. Tale opzione può essere adottata da quanti hanno avuto accesso nel mondo del lavoro dopo il 1995, hanno maturato almeno 20 anni di contribuzione effettiva e che inoltre la prima rata della pensione a cui avrebbero diritto non sia inferiore a 1250 euro. Un vincolo non semplice da rispettare se si considera che la pensione in questo caso è calcolata con il solo metodo contributivo.