Le tre Confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, domani terranno tre importanti manifestazioni a Napoli, a Roma, a Venezia, per rimettere al centro della discussione la questione annosa della previdenza. Tutto il sindacato chiede da tempo di riaprire il dossier pensioni con una propria rivendicazione rilanciata il dicembre scorso; ma il Governo non dà segni di disponibilità per un confronto. L’esecutivo continua nella linea di non discutere, ma credo sia l’unico caso in Europa di assenza di confronto sulle pensioni, diventato ancora più ingarbugliato con le esternazioni esasperate sempre più frequenti dei vertici Inps sull’argomento.
Al centro della attenzione, i nodi da sciogliere della criticatissima legge Fornero, che con un blitz ha messo in atto criteri volti alla permanenza molto più lunga al lavoro per milioni di persone. Una riforma impostata male, soprattutto perché ha imposto norme uniformi tra soggetti diversi per professione e condizione personale.
La pista da seguire, per smussare le punte più aspre della normativa in vigore, non può che essere quella della flessibilità nell’entrata in quiescenza, che non rimetta però in discussione l’equilibrio già precario delle entrate previdenziali. Ad esempio, un’uscita dal lavoro anticipata, autofinanziata per i soggetti forti, mentre la solidarietà per i più deboli può essere garantita dalle casse previdenziali.
I conti Inps sono in forte sofferenza a causa della stantia condizione delle attività produttive, dell’endemica evasione ed elusione contributiva, dell’eccessivo peso dell’assistenza sulla previdenza e delle contribuzioni figurative, copiosamente utilizzate anche dall’attuale governo. Ma una via di uscita va trovata. Infatti, è davvero grande il peso scaricato sulle persone che hanno subito da un giorno all’altro scelte che hanno influito sull’organizzazione della vita delle famiglie e della loro condizione economica.
Il Governo dunque incontri il sindacato e offra soluzioni credibili. In quel tavolo si discuta anche di misure di natura contrattuale, favorite dal fisco, che aiutino i lavoratori a permanere in azienda con carichi di lavoro più compatibili con la loro condizione di età. Con la natura stessa della felice scelta adottata dal governo tempo fa: un part-time per lavoratori anziani con vantaggi per gli interessati.
Il Governo deve anche chiarire la scelta infausta adottata ai danni della previdenza integrativa tassata come rendita finanziaria: l’imposta è stata alzata dall’11,5% al 20%. Il sindacato non da ora aveva chiesto di ottenere un abbattimento del carico che arrivasse al 6% praticato in Germania. Invece si è trovato con un costo raddoppiato.
Strano Paese il nostro: si ripete ogni giorno che i giovani non prenderanno la stessa pensione percepita dai loro genitori, ma non si agevola la previdenza integrativa, prevista come seconda stampella pensionistica per il valore di un terzo dell’intera copertura. Dalle scelte che si adottano si privilegiano più gli interessi di banche e assicurazioni che quelli dei giovani così a chiacchiere invocati. Naturalmente il tutto coperto da campagne di informazione con mezzi di loro proprietà per nascondere la vera posta in gioco che di volta in volta si ha.