“Occorre dare attuazione piena alla parte del Jobs Act che riforma i servizi per l’impiego, con l’obiettivo di spostare l’asse di sostegno ai lavoratori in difficoltà occupazionale dalle politiche passive a quelle attive”. Così Antonio Bomardo, Senior & Pubblic Affairs Officer di GiGroup, ha sintetizzato il punto di vista di una multinazionale italiana dei servizi per il lavoro sullo sviluppo del Jobs Act. L’occasione è stata data dal 7° Tuttolavoro, organizzato da Il Sole 24 Ore e incentrato su un primo bilancio della riforma del lavoro a un anno dal varo. “Sì è fatta un ottima riforma del contratto a tempo indeterminato”, ha sottolineato Bonardo, manager del gruppo guidato da Stefano Colli Lanzi, vicepresidente di Assolavoro.



“I dati dimostrano che esso è ridiventato centrale nelle scelte assuntive delle imprese, promettendo che ad una tutela obsoleta (l’articolo 18), ne sarebbe stata inserita una moderna (il supporto alla ricollocazione): se non si attua l’assegno di ricollocazione, suona come una presa in giro, che prima o poi, come un boomerang, si ritorcerà contro la riforma”.



Dunque – ha detto Bonardo – “è auspicabile che l’Anpal entri in funzione quanto prima e che sappia valorizzare le buone pratiche già esistenti in Italia, come la “Dote Unica” Lavoro di Regione Lombardia, che è una eccellenza a livello europeo nei servizi al lavoro, riconosciuta come tale dalla Commissione stessa, in cui operatori pubblici e privati competono sulla qualità del servizio erogato al disoccupato che liberamente decide da chi farsi assistere, remunerandoli In tal senso, poiché il modello del decreto 150 prevede che per i primi 4 mesi il disoccupato sia gestito in esclusiva dai CPI, sarebbe più logico che nel momento in cui scatta il diritto all’assegno di ricollocazione, questo possa essere speso solo con un operatore privato, liberamente scelto dal disoccupato stesso. Se dovesse invece rimanere come scritto oggi, in cui può scegliere sia l’operatore privato che il cpi pubblico è facile prevedere l’effetto creaming già sperimentato in situazione analoghe, in cui il CPI si tiene i candidati maggiormente collocabili, mandando al privato quelli più critici. E’ facile prevedere che poi i privati usciranno da questoprevalentemente a risultato occupazionale raggiunto.”

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