Nuove parole ambigue di un esponente del Governo sulla riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità che dovrebbe vedere la luce nel 2016. Giuliano Poletti, intervistato da Repubblica, dice infatti che non sa se il pensionamento flessibile ci sarà o meno. “Il tema è sicuramente all’ordine del giorno, ma la sua complessità è confermata dal fatto che finora non si è riusciti a farlo”, ha detto il ministro del Lavoro. Il giornalista Roberto Mania gli ha quindi chiesto il perché e Poletti ha risposto che “da una parte ci sono i vincoli europei, dall’altro le nostre regole di contabilità nazionale che non ci consentono di attualizzare i risparmi”.



Nel suo progetto di riforma delle pensioni, il Governo Renzi ha appena dato il via al part-time agevolato. Una misura che viene però criticata dalla Uil. Antonio Follico, Segretario confederale del sindacato, ritiene infatti che sia l’ennesima norma discriminatoria verso i lavoratori del pubblico impiego. Il part-time agevolato si può infatti applicare al solo settore privato. “Anche nel pubblico vi sono categorie di lavoratori che svolgono lavori usuranti e l’età media è sempre più avanzata, a causa del blocco del turnover. Non si rinnovano i contratti, non si defiscalizza il salario accessorio, non si dà la possibilità di usufruire della flessibilità pensionistica”, ha spiegato Follico, ribadendo che occorre rispettare i diritti dei lavoratori pubblici, “al pari di tutti gli altri”.



Anche Federmanager si schiera a favore di una riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità. Stefano Cuzzilla, Presidente dei dirigenti industriali, ritiene che il Governo debba prendere in seria considerazione la proposta Baretta-Damiano. Ma aggiunge che a suo modo di vedere la penalizzazione sugli assegni potrebbe arrivare anche al 10-12%, purché si possa varare la flessibilità pensionistica. Cuzzilla, in un’intervista a Panorama ha anche ricordato che alla lunga una misura di questo genere è capace di auto-finanziarsi, oltre che di garantire un turnover generazionale. Nel frattempo ci sono le risorse ottenute tramite i risparmi generati dalla Legge Fornero.



Certamente una riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità resta un traguardo importante da raggiungere per molti. Tuttavia sulla forma che questa dovrebbe avere ci sono varie opinioni, Roberto Simonetti, per esempio, crede che “Quota 100” sia la soluzione migliore, capace anche di tutelare i lavoratori precoci, oltre a non chiedere penalizzazioni a chi va in pensione. Il Segretario della commissione Lavoro della Camera, in un’intervista Blastingnews, ha ricordato la proposta della Lega Nord, che prevede la possibilità della pensione anticipata già a 58 anni (nel caso se ne abbiano 42 di contributi). L’importante è che la somma tra anzianità contributiva ed età anagrafica sia paria almeno a 100. Oltre ai 58 anni minimi di età, l’altro “requisito” richiesto è quello di 35 anni di contributi.

Il part-time agevolato ha incassato molte critiche, ma arriva anche il pieno sostegno alla misura del Governo da parte dell’Unione italiana dei lavoratori agroalimentari (Uila), il cui Segretario generale Stefano Mantegazza, ha dichiarato: “La flessibilità in uscita non può essere a carico delle future pensioni, che saranno già esigue. Per questo apprezziamo che il Governo abbia reso finalmente operativa la possibilità, per chi si avvicina alla pensione, di ridurre l’orario di lavoro senza danni alla futura pensione. Riteniamo però fondamentale che tali misure siano rese al più presto strutturali ed estese in modo universale”. Per la Uila resta indispensabile introdurre la flessibilità previdenziale, “immaginando anche l’intervento del welfare privato a sostegno del pubblico”.

Il Governo, dopo l’annuncio della firma del decreto sul part-time agevolato, cerca di rassicura gli italiani che sta continuando a lavorare sulla riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità. Pier Paolo Baretta ha infatti ricordato che la Legge Fornero ha garantito la stabilità dei conti pubblici, “ma contiene dei punti di rigidità che possono essere superati non cambiando la legge, ma introducendo elementi di flessibilità in uscita. Ed è quello su cui si lavorerà da qui alla prossima Legge di stabilità”. Vedremo se le parole del sottosegretario all’Economia riusciranno a rassicurare chi spera in una modifica del sistema previdenziale.

La notizia non può lasciare certo indifferenti. Tutti ricordano le polemiche riguardanti un possibile intervento sulle pensioni di reversibilità. E le levate di scudi anche dal mondo politico per evitare una riforma che ne modificasse il calcolo. Ebbene, quello che non si sapeva è che tra gli ex parlamentari c’è un forte tasso di diffusione di pensioni di reversibilità. Il Quotidiano Nazionale riporta infatti che il Movimento 5 Stelle ha chiesto di sapere quanti contributi sono stati versati dagli ex deputati e quanti di essi ricevono una pensione di reversibilità. Alla prima domanda non è stata data risposta, mentre sulla seconda si è saputo che a fronte di 1.464 ex deputati, 642 hanno trattamenti di reversibilità. Un tasso superiore al 40%, quando tra i pensionati Inps non si arriva al 15%. Questo perché le regole per avere diritto alla reversibilità per gli ex parlamentari sono molto più larghe di quelle previste per le persone comuni. Insomma, un altro privilegio della classe politica che farà discutere.

Negli ultimi giorni l’attenzione dell’opinione pubblica è stata conquistata dalla firma che il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha apposto sul decreto che va a regolamentare la norma che introduce il part – time agevolato in uscita dal mondo del lavoro. Uno strumento ritenuto molto importante che permette a lavoratori del settore privato con contratto a tempo indeterminato in vista della pensione, a passare ad un contratto part-time senza perdere nulla in ottica assegno pensionistico mensile. In attesa di avere un riscontro della reale bontà del provvedimento, in queste ore, la sottosegretaria al Welfare, Franca Biondelli nel rispondere ad una interrogazione parlamentare sollevata dal Pd alla Camera, ha evidenziato come il numero complessivi di lavoratori ammessi a fruire dell’assegno straordinario per il sostegno al reddito nell’ambito del processo di agevolazione all’esodo nel giro di cinque anni, sia di circa cinque mila e cinquecento. Di questi cinque mila circa 3900 sono uomini mentre 1674 sono le donne. Naturalmente i beneficiari dell’assegno sono coloro che raggiungono i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni.