«La posizione del governo sulla legge Fornero è chiara. Non soltanto ha annunciato che la modificherà nella prossima legge di stabilità, ma i suoi ultimi interventi vanno tutti nella direzione di una maggiore flessibilità in uscita». Lo evidenzia Titti Di Salvo, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera dei deputati e membro della commissione Lavoro, secondo cui le misure già attuate dal governo parlano chiaro. Ne è un esempio l’abolizione delle penalizzazioni per chi si ritira prima dei 62 anni entro il 2017, che secondo quanto previsto dalla legge Fornero poteva arrivare fino ai 200 euro mensili.
Onorevole Di Salvo, perché il governo continua a rinviare le misure sulla flessibilità in uscita?
Quando si parla di pensioni, la prudenza è un fatto dovuto perché sono in gioco la vita delle persone e i loro mezzi di sussistenza. C’è inoltre un’affermazione netta e mai smentita da parte del governo, e cioè che si debba mettere mano alla legge Monti/Fornero. L’esecutivo ha anche specificato che intende farlo nella prossima legge di stabilità. Questa affermazione va corredata da una terza considerazione: il governo ha già messo mano alla riforma del 2011. Nella manovra 2015 infatti sono già stati prodotti interventi significativi.
A che cosa si riferisce?
In primo luogo alla settima salvaguardia degli esodati, che porta a 172mila il numero complessivo delle persone salvaguardate e a 11,5 miliardi le risorse utilizzate. C’è inoltre l’intervento per eliminare le penalizzazioni previste dalla legge Fornero per quanti fossero andati in pensione anticipata entro il 2017 con meno di 62 anni. Il meccanismo previsto consentiva l’andata in pensione, ma prevedeva anche una penalizzazione fino ai 200 euro mensili, in proporzione a quanto mancava al compimento dei 62 anni.
Che cos’altro ha fatto finora il governo in tema di pensioni?
Altre misure sono Opzione Donna e l’aumento della no tax area per i pensionati. A ciò si aggiunge la neutralizzazione degli effetti dell’inflazione per il 2015 che è stata dello 0,1% inferiore rispetto a quanto programmato. In termini concreti per le pensioni più basse voleva dire la restituzione allo Stato da parte degli anziani di una cifra annuale di 20 euro. C’è quindi un impegno del governo in favore dei pensionati, e del resto questi interventi presuppongono un giudizio sulla legge Fornero. Questo giudizio è stato anticipato da alcune scelte già fatte nella legge di stabilità.
Quindi il governo intende realmente modificare la legge Fornero?
Sì, esiste un impegno serio del governo, dimostrato dal fatto di avere già agito. In questo modo l’esecutivo ci indica che ritiene necessario un intervento sulla legge Fornero, sia per sanare alcune ingiustizie sia per rendere il sistema meno rigido. Va dunque perseguita la flessibilità in uscita del sistema previdenziale, consentendo di ritirarsi in anticipo dal lavoro, e attraverso misure come Opzione Donna consentire un ricalcolo contributivo dell’intera vita lavorativa. Ma c’è un terzo elemento di cui tenere conto.
Quale?
Studi realizzati dal Mef hanno documentato che un dirigente d’impresa ha un’aspettativa di vita media più lunga di 5/7 anni rispetto a chi svolge un lavoro manuale. Il tema dell’uscita dal sistema previdenziale andrebbe approcciato alla luce di questo aspetto anche dal punto dell’equilibrio finanziario. Se infatti l’aspettativa di vita è inferiore la pensione è goduta per un numero minore di anni. Questo è un elemento che pesa in un sistema contributivo.
In che modo?
I contributi versati dal lavoratore e dall’impresa sono sommati, moltiplicati per alcuni coefficienti e suddivisi per il numero di anni che restano da vivere sulla base dell’aspettativa di vita media. Se l’aspettativa di vita è più o meno lunga, è chiaro che quella cifra è suddivisa per un numero di anni maggiore o minore. E quindi se l’aspettativa di vita è più corta ha un senso che io vada prima in pensione.
(Pietro Vernizzi)