I giovani sono stati, come ormai tristemente noto, i soggetti colpiti più duramente dalla Grande Recessione degli ultimi anni. Nel 2014, ad esempio, il tasso di disoccupazione, in Europa, per le persone tra i 15 e i 29 anni è stato di ben sette punti percentuali superiore al tasso di disoccupazione totale. In questo quadro la promozione dell’auto-imprenditorialità è diventato un sempre più diffuso strumento di politica per ridurre la disoccupazione e creare posti di lavoro sostenibili.



Tuttavia, l’imprenditorialità non è di per sé una soluzione per la disoccupazione giovanile e non è certamente un percorso senza ostacoli da affrontare. Infatti, i dati a livello europeo ci mostrano, che, sebbene vi sia una più significativa percentuale di giovani che, in generale, esprime una preferenza per il lavoro autonomo rispetto ai lavoratori più anziani, il tasso di lavoro autonomo delle nuove generazioni rimane, in ogni caso, particolarmente basso.



In questo quadro è stato pubblicato, solo pochi giorni fa, un interessante rapporto di Eurofound che fornisce un’ampia panoramica delle misure di sostegno alle start-up pensate specificatamente per i giovani, nonché a quelle, di portata più generale, che sono, in ogni caso, rilevanti a tal fine. La ricerca esamina, tra le altre cose, anche l’impatto delle misure selezionate e tenta di offrirne una prima valutazione. 

L’efficacia delle politiche a favore dell’auto-imprenditorialità giovanile sembra, tuttavia, particolarmente difficile da valutare, e così lo studio si focalizza sul tentativo di evidenziare alcune questioni chiave relative al complesso tema di come si sostiene la nascita e l’avvio di start-up. Da una mappatura di queste azioni emerge, così, come ormai quasi tutti gli Stati membri abbiano messo in campo azione a favore dell’imprenditorialità giovanile principalmente in risposta agli alti tassi di disoccupazione giovanile.



Molti di questi interventi, almeno questo ci dice il recente studio europeo, operano su piccola scala, con misure temporanee e risorse finanziarie relativamente limitate che ne riducono, quindi, almeno parzialmente, il loro potenziale impatto.

Sembra, tuttavia, che questa possa diventare la carta da giocarci, a partire dalle prossime settimane, per rilanciare l’occupazione nel nostro Paese dopo che gli “effetti speciali” immaginati con l’approvazione del Jobs Act sembra siano svaniti con la fine dei ricchi incentivi della decontribuzione.

Insomma, a “rottamare” l’incubo di una “generazione perduta” dovranno essere, probabilmente, gli stessi giovani, novelli “Steve Jobs”, chiamati a vincere questa sfida cruciale per il loro futuro, e di conseguenza, per il nostro Paese.