Con la Legge di stabilità di fine 2015, il Governo si era impegnato a prevedere iniziative di sostegno per il nuovo welfare aziendale. Da tempo in alcune imprese era entrato in vigore un riconoscimento della necessità di conciliare maggiormente il lavoro con problematiche legate ai tempi necessari per la famiglia. Dal carrello della spesa introdotto da Luxottica al “maggiordomo” aziendale di altre imprese, tali interventi riconoscevano servizi pagati dalle imprese, integrativi dei salari, per aggiungere beni o servizi che permettevano di risparmiare su assenze dovute a sostegni per la famiglia (ritiro certificati, orari flessibili per i nidi e le materne, assistenza famigliare, ecc.).



Tali interventi, spesso decisi unilateralmente dalle imprese, godevano di vantaggi fiscali limitati e che richiedevano interventi chiarificatori per divenire un elemento nuovo e con carattere strutturale. Con la normativa prevista dalla Legge di stabilità e il decreto attuativo del ministero del Lavoro e del Mef, la materia del nuovo welfare aziendale ottiene le certezze richieste e compie un balzo in avanti grazie soprattutto al riconoscimento del valore assegnato alla sua contrattualizzazione.



Ciò che rappresenta un fatto innovativo e che può aprire una nuova fase dei contratti aziendali e territoriali è il riconoscimento, con vantaggi fiscali, che viene introdotto per quegli accordi che prevedano un riconoscimento economico in termini di servizi o anche di voucher (o altri strumenti di pagamento) finalizzati a ottenere servizi dedicati a sostenere il rapporto famiglia-lavoro. Per questi servizi, se definiti attraverso la contrattazione collettiva, sia nazionale che decentrata, è assicurata la detassazione integrale. I settori per cui è assicurata sono quelli della educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria e culto, rivolti sia ai lavoratori che ai loro famigliari.



Come si vede dall’elenco previsto dal decreto, la copertura è molto ampia e permette, se basata su una piattaforma che parte dai bisogni rilevati e dalla conoscenza delle reti di servizi territoriali, di prevedere sostegni per le fasce di minori in età prescolare e scolare, interventi per famigliari che necessitano di sostegno sociosanitario e di favorire iniziative per approfondimenti culturali o sportivi che fossero richiesti e ritenuti necessari.

La forma con cui accedere a tali servizi può essere quella della convenzione con soggetti erogatori di tali servizi sul territorio. Vi sono già casi di contributi erogati a nidi o materne frequentate da figli di lavoratori impiegati presso imprese che hanno già sviluppato accordi di questo tipo. Identici sono i casi di convenzioni con strutture di assistenza socio-sanitaria per interventi di sostegno a famigliari di lavoratori che hanno necessità di interventi dedicati.

La norma ha previsto però anche la possibilità di personalizzare l’acquisto di tali servizi attraverso l’uso di voucher o “documenti di legittimazione cartacei o elettronici”. In questo caso i vincoli posti prevedono che potranno essere utilizzati solo dal titolare e non potranno essere monetizzati, né ceduti a terzi e non potranno comportare integrazioni monetarie a carico del titolare, ma dovranno coprire l’ammontare del servizio (o sue ripetizioni) in modo esaustivo.

Per i casi indicati si tratta di interventi economici significativi ma limitati. Si tratta di un ammontare annuo di 258,23 euro annui. Cifra significativa per alcuni servizi all’infanzia e per interventi estivi di istruzione/formazione, ma che copre altri solo in modo parziale. È per questo che la forma più diffusa di accordi di questo tipo ha riguardato convenzioni di tipo mutualistico. La ripresa di un istituto che con troppa fretta si era ritenuto superato è oggi evidente. Con cifre minime si può intervenire per spese non coperte dal sistema sanitario nazionale. 

Molti accordi sono finalizzati a copertura mutualistica per la prevenzione e le cure odontotecniche o per interventi oculistici. In alcuni casi sono a copertura del costo dei ticket per l’età pensionabile. Si tratta di interventi che servono a estendere i servizi di welfare delle famiglie in quei settori dove non arrivano le coperture dei servizi esistenti e che spesso sono spese certe (si vedano gli interventi dentistici) nelle diverse età della vita.

L’ulteriore novità introdotta dal decreto attuativo è però l’estensione dei benefici fiscali, sia per l’impresa che per il lavoratore, nel caso in cui il welfare aziendale sia conseguenza di accordi di produttività aziendale. In questo caso il massimale annuo con detassazione completa è di 2.000 euro (2.500 nel caso in cui anche si prevedano forme di partecipazione attiva nell’attuazione del processo produttivo e del recupero di produttività). Per comprendere la portata di ciò, a fronte di un premio di produttività di 2.000 euro pagato monetariamente, il lavoratore avrebbe un netto di circa 1.650 euro e l’impresa un costo di 2.450 euro. Se l’accordo di produttività viene erogato attraverso un paniere di welfare contrattuale, il valore netto per il lavoratore, e il costo per l’impresa, è di 2.000 euro pieni. È soprattutto quest’ultima possibilità che caratterizza un intervento legislativo non solo teso a favorire un sostegno fiscale alle nuove forme di welfare aziendale, ma che è anche forte impulso alla contrattazione decentrata finalizzata a sostenere una ripresa della produttività.

L’attenzione prestata inoltre a premiare accordi che prevedono forme di partecipazione alla gestione degli accordi aziendali indica anche una volontà politica di favorire accordi che introducano nuove relazioni aziendali, mettendo fine al prevalere di forme esclusivamente conflittuali che appaiono oggi antistoriche.

Le piattaforme comuni presentate da Cgil, Cisl e Uil fanno sperare che si sia avviata su questo terreno una riflessione comune che porti a una veloce diffusione di contratti aziendali sulla produttività e con nuove esperienze di welfare aziendale. Ve n’è bisogno per riuscire a estendere le esperienze aziendali in accordi territoriali che coinvolgano anche il tessuto di piccole imprese che caratterizza il sistema produttivo italiano.