Da ieri la Confindustria ha a tutti gli effetti la sua nuova guida: l’Assemblea ha infatti eletto Vincenzo Boccia – il candidato designato dal Consiglio Generale – trentesimo Presidente degli Industriali. Oggi, in occasione dell’Assemblea Pubblica alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Boccia illustrerà il “programma di attività” per il quadriennio 2016-2020. 



Al di là di quello che ha detto ieri (“Confindustria deve restare equidistante dai partiti ma non dalla politica, non deve essere consociativa e deve saper dire no a rapporti di scambio”), è molto probabile che dalle sue parole di oggi emergeranno indicazioni per comprendere meglio la posizione di viale dell’Astronomia sul piano delle relazioni industriali, anche in un’ottica di accordo generale con le Confederazioni sindacali. Da questo punto di vista, il programma di Vincenzo Boccia parla chiaro: posto che tra i fattori che rallentano la crescita economica vi è, anche, “la bassa produttività derivante principalmente da un sistema disfunzionale di determinazione dei salari e che il divario persistente tra salari e produttività del lavoro è addirittura peggiorato negli anni della crisi”, ciò che Confindustria vuole è che il livello aziendale di contrattazione sia la sede dove realizzare “lo scambio cruciale tra miglioramenti organizzativi e di produttività e incrementi salariali”. Al Governo si chiede una politica fiscale di detassazione e decontribuzione del salario di produttività strutturale negli anni che, senza tetti di salario e di premio, possa incentivare modelli virtuosi.



Se pensiamo allo stallo che si registra sul versante della metalmeccanica, settore – tra gli altri – dove tali intendimenti programmatici vanno poi realizzati, sembra di sentire quello che vanno da mesi ripetendo Bentivogli, Landini e Palombella, i Segretari Generali di Fim, Fiom e Uilm. Come scritto di recente su queste pagine, da 5 mesi la trattativa è ferma e non si riesce a trovare un accordo concreto sugli aspetti retributivi.

Posto che stiamo parlando di un settore cardine del nostro sistema industriale (1,6 milioni di addetti) che presenta le caratteristiche a cui allude Boccia nel suo programma (retribuzioni pro-capite cresciute in termini reali del 6,5% mentre ricchezza complessivamente prodotta è diminuita del 18%, perso circa un quarto del capitale del settore e 250.000 posti di lavoro), viene naturale a questo punto interrogarsi sulle ragioni di questo stallo. 



Certamente, in primis, agli Industriali tutto questo fa gioco: il livello dei salari continua a essere quello vecchio; ma la vera domanda è se, sulla distribuzione di ricchezza prodotta a livello aziendale, da una parte e dall’altra, gli intendimenti siano i medesimi. Confindustria vuole arrivare a costruire delle politiche salariali che permettano di premiare chi lavora meglio e di distinguerlo da chi, invece, non contribuisce allo sviluppo dell’azienda; in modo da poter legare merito, produttività, risultati aziendali e remunerazione. 

Ciò va oltre il discorso di distribuire ricchezza prodotta in azienda ed è certamente indispensabile un’interlocuzione molto franca con il sindacato. Nel caso specifico, la resistenza di Federmeccanica potrebbe essere motivata dal fatto che se fosse Boccia a scoprire queste carte il discorso si farebbe molto serio. Fim, Fiom e Uilm saranno disposte ad accettare queste possibili novità? E, soprattutto, Cgil, Cisl e Uil?

L’elezione di Boccia e le sue parole di oggi, a parere di chi scrive, fugheranno molti alibi. Ma sarà la vicenda dei meccanici a fornire le risposte più interessanti.

P.S.: Standing ovation per Giorgio Squinzi all’Assemblea di ieri, il Presidente uscente ha avuto il saluto che meritava.

 

Twitter @sabella_thinkin

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