Il vecchio adagio “tanto tuonò che al fin piovve” descrive bene gli ultimi mesi del dibattito sulla pensione anticipata. La comunicazione del Premier è su una soluzione studiata dal sottosegretario Nannicini, appare “locked”, come direbbero gli angloamericani, dato che ha già un logo e un nome “Ape“.  Mi si permetta di commentarlo (l’Ape in sintesi), in primo luogo alla luce della proposta “Riformare la Riforma” (Rlr), illustrata su queste pagine. La prima differenza è sull’approccio. Rlr ha una “visione” più ampia, perché nel mantenere intatta l’architettura della legge Fornero ne riforma un’architrave coniugando l’obbligatorieta dell’Ago per la pensione di vecchiaia alla flessibilità basata sulla volontarietà e sulla responsabilità individuale nell’accesso all’anticipazione dell’uscita dal mondo del lavoro rispetto alla data ordinaria legata alle aspettative di vita. Inoltre prevede, in questo quadro, soluzioni adeguate in caso di crisi e ristrutturazioni aziendali e di “ricambio generazionale” obbligato o volontario che a dir si voglia. 



Come si concretizza tutto questo? Fissando una soglia anagrafica minima di uscita rispetto a quella ordinaria e riscattando in modo volontario, supportato ove necessario da accordi sindacali, la differenza contributiva che esiste tra le due date. Per semplificare molto sarebbe una modalità simile a quanto avviene con il riscatto della laurea. Il solo requisito contributivo (quota 41 o altra) senza soglia anagrafica minima avrebbe spazio in caso di lavoratori precoci e/o di lavori usuranti. La pensione ordinaria verrebbe corrisposta dall’Inps, nei tempi tecnici necessari ma entro 60 giorni. L’assegno previdenziale non sarebbe decurtato, cioè sarebbe pieno e senza penalizzazioni. Il prestito sarebbe sarebbe solo una soluzione complementare, quando necessaria (arricchibile, perché no?, con quanto previsto in termini di sostituibilità sul rischio creditizio e finanziario, come sembra quella prevista da Ape) e non l’unica soluzione.



La proposta Ape, illustrata nei suoi aspetti fondamentali, nel prevedere il predetto prestito insieme a penalizzazioni come perno centrale coniuga, economicizzandole, le proposte Damiano/Baretta/Gnecchi con quella Giovannini, aprendo una nuova area d’affari senza rischio creditizio e finanziario per le banche e assicurando all’Inps fino a tre anni di respiro prima dell’erogazione vera. Al di là delle polemiche che si continueranno a scatenare su “prestito come via obbligata”, la proposta governativa fa fare pace tra Damiano e Boeri sul tema costi della flessibilità, tacita i ripetuti richiami di Boeri sull’urgenza e si garantisce un credito politico nei confronti della minoranza Dem cui appartiene Damiano, soddisfacendo al contempo la promessa di portare a termine un impegno preso pubblicamente tempo fa verso l’elettorato con lo sguardo rivolto verso l’Unione europea.



Ultimo ma non poco importante è il confronto, anche questo acceso, sull’automatismo del cosiddetto “ricambio generazionale” assicurato dalla flessibilità e già trattato nel mio ultimo intervento e in modo analitico e più brillante da Walter Anedda con il suo warning sull’illusione delle”porte girevoli”.

A sorpresa è rientrata nel dibattito, dopo tanto tempo, anche l’ex ministro Fornero, autrice della contestata legge che porta il suo nome. Dopo aver sollevato critiche a una flessibilità che porti a una pensione anticipata aperta a tutti perché aggraverebbe il debito pubblico (con l’Ape in misura ridotta, con la Rle presumibilmente per nulla, nota dello scrivente), la Fornero ha rivendicato la validità del suo impianto (non discutibile se avesse riconosciuto i principali errori che hanno portato – con il non trascurabile costo di oltre 12 miliardi di euro – all’attuale quadro). Inoltre, criticando l’uso della flessibilità finalizzata a ridurre la disoccupazione giovanile, ha affermato che il costo andrebbe invece sostenuto non per modificare il suo impianto, tranne che per situazioni mirate, bensì per ampliare le possibilità di accesso dei giovani al mercato del lavoro. 

A parte il fatto che sembra aver dimenticato la partenza in questi giorni dell’Anpal e la razionalizzazione integrata e successiva dei Centri per l’impiego (rinnovamento negletto sebbene ci fosse una proposta analoga a quanto realizzato dall’attuale ministro Poletti, avanzata già sei anni or sono…), a fronte di divergenze note, una convergenza a sorpresa su Rlr c’è stata con la sua intervista su La Stampa del 21 aprile scorso, quando dice: “Io sono sempre stata largamente favorevole alla flessibilità con pensioni contributive, perché c’è anche una piena responsabilità: puoi andare prima in pensione, ma te lo paghi”. Inaspettato.