Qualche giorno fa, il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha esortato le Parti sociali a sbloccare lo stallo dei contratti, affermando che un accordo sulle nuove regole della contrattazione deve arrivare entro l’autunno. Diversamente – questo il Ministro non lo ha detto ma lo si può dedurre -, sarà il governo a decidere in proposito, come ha più volte ribadito lo stesso Matteo Renzi.



Con l’elezione di Vincenzo Boccia alla guida degli Industriali, la situazione pare orientarsi verso il giusto orizzonte, anche perché il neo Presidente è stato nel suo primo discorso molto fermo nel sostenere quella che è la posizione di Confindustria: nessuna crescita dei salari se non laddove sarà prodotta ricchezza. 



Abbiamo in diverse occasioni esaminato la vicenda su queste pagine, siamo sicuri che – dopo il referendum costituzionale, naturalmente se il governo attuale sarà ancora in sella – la soluzione sarà trovata e lo scenario si completerà in dicembre con il varo della finanziaria 2017.

Come si risolverà questa situazione? Premettiamo che, proprio in questi giorni, Bankitalia ha comunicato che nel 2016 la crescita dei salari potrebbe toccare il “minimo storico” e Istat ha lanciato un nuovo allarme deflazione, rendendo noto che una risalita dei prezzi si potrà avere solo in autunno. Aggiungiamo a questo quadro che anche l’impresa di questi tempi è ai minimi storici. Quindi, se il salario non è una variabile indipendente – e non lo è al di là di qualche “creativo” che ancora oggi lo sostiene – è comprensibile che gli Industriali stiano facendo muro, soprattutto nel caso del rinnovo dei meccanici, di cui proprio ieri c’è stato lo sciopero dei lavoratori.



È chiaro che la ripartenza dell’economia passa soprattutto dalla crescita della domanda interna e, in quest’ottica, la dinamica salariale gioca un ruolo importante. Ma non si può, nella situazione attuale, chiedere alle imprese di aumentare i salari per far ripartire l’economia e/o di fare da ammortizzatore sociale.

Non a caso, a fronte della doppia comunicazione Bankitalia/Istat, il Segretario Generale della Cisl Annamaria Furlan ha dichiarato che serve un nuovo patto tra governo e Parti sociali. E ha detto bene. Il patto potrebbe non solo riguardare la detassazione del salario di produttività – cosa che il Def ha ribadito per 2017 e 2018 -, ma anche un taglio del cuneo fiscale che alleggerisca impresa e lavoro. Del resto, la flessibilità guadagnata a Bruxelles (14 miliardi) permette di intervenire in questo senso.

Il governo farà la sua parte, ma anche le Parti devono fare la loro. Sarà trovata un’intesa che andrà incontro alle richieste degli Industriali: si distribuirà ricchezza laddove prodotta, contrattando aziendalmente. Resta da capire come funzionerà per quelle imprese che non contrattano direttamente: la soluzione potrebbe essere trovata sulla base di accordi territoriali di settore, cosa che Confindustria non ha mai amato. Come non ha mai amato la contrattazione aziendale…

 

Twitter @sabella_thinkin

Leggi anche

SINDACATI vs IMPRESE/ Se Cgil, Cisl e Uil non si sono (ancora) accorti della crisiSINDACATI E POLITICA/ Così il Recovery può aiutare l'occupazione in ItaliaAMAZON USA, NO AL SINDACATO/ La sfida della rappresentanza nel capitalismo Big Tech