La tutela da riconoscere ai dipendenti della Pubblica amministrazione in caso di licenziamento illegittimo rimane la reintegra così come disciplinata dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nella versione antecedente alla riforma Fornero. È questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione Sezione Lavoro, con la sentenza n. 11868. La pronuncia si inserisce all’interno di un acceso dibattito instauratosi in dottrina e in Giurisprudenza, sin dalla pubblicazione del testo dell’articolo 18 riformato.
Sul punto, la Giurisprudenza è sempre stata ondivaga. In particolare, a novembre scorso, la Cassazione (sentenza n. 24157/2015) aveva ritenuto che l’art. 51 del D.lgs. 161/2001 operasse un rinvio generale all’articolo 18 e di conseguenza, ogni modifica (anche quella approvata dalla L. 92/2012) avrebbe dovuto valere anche per i lavoratori pubblici. Con la pronuncia di ieri, invece, gli ermellini hanno statuito che “ai rapporti di lavoro disciplinati dal d.lgs. 165/2001 all’articolo 2 non si applicano le modifiche apportate dalla legge 92 del 2012 all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori per cui la tutela del dipendente pubblico in caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva all’entrata in vigore della legge 92 resta quella prevista dall’articolo 18”.
Non vi è dubbio che la posizione della suprema Corte è idonea a generare notevoli ripercussioni in relazione ai licenziamenti sino a oggi posti in essere nei confronti dei cosiddetti “furbetti del cartellino”. In questi casi, l’eventuale decisione di reintegra operata dal Giudice in favore dei lavoratori pubblici sarà patita, ancora una volta, dai contribuenti.
È evidente che la riforma del pubblico impiego non è ancora riuscita a dirimere i dubbi relativi al sistema sanzionatorio applicabile, ed è questo vuoto normativo che la Suprema Corte tenta di colmare con la sentenza in commento nella quale può altresì scorgersi anche un invito al legislatore in tal senso, affermando che “Non si estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, sino a un “intervento normativo di armonizzazione” le modifiche apportate all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori dalla legge 92/2012.
Nonostante il governo, nell’ambito dell’attuazione della delega Madia, abbia promesso di risolvere il cortocircuito normativo con norme ad hoc, a oggi i lavoratori devono confrontarsi con tutele totalmente diverse a seconda che siano dipendenti privati ovvero se appartengano al settore pubblico. Tale dualismo, non può essere giustificabile esclusivamente sulla base del fatto che i dipendenti pubblici debbano garantire il cosiddetto principio di “buon andamento” della Pubblica amministrazione.
Al contrario, sarebbe auspicabile che il pubblico impiego trovasse in breve tempo opportune convergenze con il settore privato, completando il percorso di privatizzazione, nel segno dei principi di economicità e trasparenza che appartengono alla macchina amministrativa e che tutelano i contribuenti.